Si chiama “L’Eguaglianza” il nuovo periodico telematico che vuole dare voce a quanti credono che un mondo migliore sia possibile.
Luglio 2021
IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E IL DISSESTO IDROGEOLOGICO FLAGELLANO IL TERRITORIO PERSINO IN GERMANIA E IN BELGIO
Con il cambiamento climatico non si scherza. Adesso, ahimè, è toccato tragicamente persino alla Germania e al Belgio. Nessun Paese può pensare di sfuggire inoltre ai problemi serissimi del dissesto idrogeologico.
Anche durante la pandemia il Volontariato ha dato il meglio di sé. Ha rischiato e si è messo in gioco, ha pagato e si è rivelato la più straordinaria risorsa sociale.
Si può solo applaudire? Basta una pacca sulle spalle e via?
Cara Elly,
ti scrivo questa lettera in forma pubblica, aperta, perché rileggendola mi sono reso conto che, mentre mi rivolgo a te, so che le persone che vorrei convincere sono altre: molte anche nella mia cerchia.
Sono anch’io tra i tanti che hanno molto apprezzato la tua diretta FB. L’approccio che hai usato è quello giusto: “troviamoci insieme”, non “andiamo dove vi dico io”. Non hai disegnato il punto di arrivo ma l’identikit dei compagni di viaggio. Hai fatto benissimo a farti avanti: siamo in un momento in cui tutti e tutte dovrebbero farlo. Chiunque abbia a cuore le sorti di questo paese … e della sinistra che sola può salvarlo (magari non fosse così, non è il solito, altezzoso senso di superiorità della sinistra ma un prender partito, con la testa oltre che con il cuore).
Certamente, dobbiamo prendere atto che molti ancora insistono a cullarsi nella speranza che si faccia avanti qualcuno in grado di guidarci verso la meta agognata. E che molti si sentono legati a un partito con un senso di appartenenza che si spiega con l’idea che solo in quella comunità si possa trovare la soluzione. Però ci stiamo accorgendo che sono sempre più numerose le persone che, pur restando iscritte a uno dei numerosi partiti in cui è frammentato il “popolo di sinistra”, pensano che ci si debba aprire proprio come tu inviti a fare.
Per queste persone, del resto, il partito non offre più nessun ambito di impegno di un qualche interesse e preferiscono dedicarsi ad attività con forte valenza politica nel vasto mondo del “sociale organizzato”. Dove però è prevalso finora il rifiuto di muovere anche solo un dito a favore di una costruzione politica e si preferisce restare confinati nell’ambito di un rapporto puramente negoziale con soggetti politici considerati del tutto estranei. La delusione è comprensibile, per una politica ridotta a mero esercizio del potere per esclusivo interesse personale: il guaio è che sfocia nella delega, nella rinuncia, infine nell’indifferenza. Ma ho la netta sensazione che questa fase di grandi sommovimenti, in cui “nulla sarà più come prima”, stia incoraggiando tentativi più coraggiosi e più aperti anche in questa vasta area che sarà decisiva: trovo di grande interesse, in questo senso, l’iniziativa “per una società della cura” e il Recovery PlanET a cui ora è approdata.
Detto tutto questo – vengo al dunque – si pone secondo me un problema pregiudiziale, dirimente. Si deve andare oltre i confini delle formazioni esistenti ma non sembra vi siano le condizioni perché nessuna di queste possa mettersi in gioco fino a rinunciare alla propria esistenza (del resto sono parte di un sistema che le ha infine configurate come chiuse e non scalabili, come ha dimostrato anche il tentativo in cui siamo stati impegnati entrambi dopo essere usciti dal PD).
Al momento non possiamo sapere con quali regole si giocherà la sfida che vogliamo vincere (perché hai ragione sacrosanta quando poni questo come orizzonte prossimo e non qualcosa in meno). Non sappiamo quale sarà la soglia di ingresso, se saranno premiate le coalizioni, se ci saranno collegi uninominali, e così via. Ma una condizione deve essere soddisfatta indipendentemente da queste incognite: il popolo con cui dovremo ritrovarci deve poter essere realmente sovrano.
Se non sarà lo statuto di un partito (l’unico segnale di cambiamento in questa direzione viene dal lavoro che i 5S stanno assegnando a Conte, tutto da scoprire e con cui confrontarsi) dovrà essere lo statuto di un’area plurale che si dà una regola comune di democrazia garantita a un popolo unico. Ricorderai che questa delle regole e dei poteri è un po’ una mia fissazione, il tempo mi ha rafforzato in questo “vizio” e mi ha convinto che questo passaggio è ineludibile. E continuo testardamente a pensare che non sia affatto insormontabile.
Parliamone, alimentiamo questa ambizione. Troviamoci, come dici tu, e proviamo a ritrovare tante e tanti che sappiamo pensarla come noi, ciascuno per dove può arrivare. E tu puoi (continuare a) fare moltissimo.
Con stima ed affetto.
Le discriminanti da cui dipende l’uscita da questa fase
Sarebbe stato necessario che i tre partiti da una parte e la rete del sociale politicizzato dall’altra fossero approdati a una serie di discriminanti, anche poche ma ben selezionate, da porre a Draghi come condizione per la sua sopravvivenza.
Perché l’impasse del governo Conte
Perché la vera debolezza del governo Conte non era Renzi ma la poca o nulla chiarezza di idee sulla qualità strategica delle scelte da compiere dei tre partiti su cui si reggeva
Il rapporto con la destra italiana
Significa questo che è giusto affidarsi a Draghi perché è lì per combattere il nemico principale, l’estrema destra?
La crisi del neoliberismo e l’alternativa sovranista
È qui che arriva la domanda che aleggia un po’ in tutto il dibattito, non solo nostrano ma globale, in corso a sinistra.
Un caro amico, che conosce Mario Draghi da molto tempo, mi ha scritto in un messaggino che il pezzo che ho pubblicato su Eguaglianza e Libertà è uno dei pochi in cui si affronta in modo equilibrato il tema dell’attuale Presidente del Consiglio: senza gli elogi stucchevoli che abbondano in giro ma senza nemmeno vederlo come l’alfiere del ritorno della destra liberista al potere.
– Qual è il senso politico dell’operazione?
Il primo referente italiano dell’operazione è stato il Presidente Mattarella, che con i suoi collaboratori aveva misurato con maggiore prontezza la consistenza dell’attacco a Conte. La ricostruzione degli avvenimenti che appare più fedele porta a dire che, una volta preso atto dei rapporti di forza, sia Zingaretti che Di Maio oltre che (per quanto obtorto collo) lo stesso Conte hanno offerto al Presidente una sponda, così che potesse convincere l’ex presidente BCE, fin lì recalcitrante, a prestarsi, a tempo determinato, a un’operazione di emergenza.