In Francia Macron è stato confermato Presidente e il Front national della Le Pen è stato ancora una volta sconfitto.
Il contesto in cui si è svolta questa competizione non è stato naturalmente dei più agevoli: alla pesante crisi sociale ed economica interna che continua a soffiare forte si sono aggiunte la controversa gestione della pandemia e l’attuale e drammatica guerra in Ucraina.
La Francia ha scelto. Adesso ci sono diversi spunti di fondo su cui possiamo riflettere insieme, al di là delle dinamiche interne alla società francese.
Chiamiamole le “Tre Lezioni” per il cammino dell’Europa.
LA PRIMA È LA “LEZIONE MACRON”. Riguarda il suo successo e quindi la sua riconferma. Macron ha avuto il coraggio di rompere con la tradizionale riserva delle leadership francesi verso l’Europa. La Grandeur Francese finalmente lascia il passo a un futuro della Francia proiettato verso un percorso più decisamente europeista anche sul piano militare ed economico oltre che sociale e culturale. Ma attenzione, Macron propone più di ogni altro leader europeo una svolta rispetto all’attuale ingessata e spenta Unione Europea, per riformarla in senso più avanzato possibile, cioè in senso Federale. È in questo momento il leader più netto e disponibile a ripensare e riprogettare l’Europa in direzione degli Stati Uniti d’Europa e della sua funzione di promozione dello sviluppo sostenibile ambientalmente e socialmente. Non sarebbe male, nel futuro assetto Federale, inserire il semipresidenzialismo, per l’elezione diretta del Presidente europeo.
LA SECONDA È LA “LEZIONE LE PEN”. Il suo risultato elettorale, ancora una volta ragguardevole, rimane soprattutto figlio della crisi profonda in cui versa da anni il ceto medio-basso. Il suo impoverimento e le diffuse disuguaglianze sono sempre l’humus per alimentare il populismo e il sovranismo soprattutto di destra. È così un po’ in tutto l’Occidente. L’Europa deve comprendere che il suo futuro è negli Stati Uniti d’Europa, perché solo in tale dimensione potrà rivitalizzare le forme della rappresentanza democratica e metterla nella condizione di dare uno sbocco democratico alla gravissima crisi di uguaglianza e di benessere del ceto medio-basso.
LA TERZA È LA “LEZIONE MÉLENCHON”. Il suo buon risultato elettorale, al primo turno, ha a che fare con la crisi della sinistra tradizionale, sia riformista che radicale. Il modello neoliberista non è capace di affrontare le sfide tremende dell’attuale globalizzazione: cambiamento climatico, disuguaglianze diffuse, guerre in espansione come quella dell’Ucraina e di ben altri 70 Paesi… Neanche ricorrendo alle vecchie soluzioni si potrà recuperare un forte ruolo di governo per i progressisti. La sinistra europea deve allora ripensarsi per essere all’altezza del compito di promuovere una nuova governance dello sviluppo sostenibile. Il banco di prova è ancora una volta la sua capacità di misurarsi con un’Europa che diventi presto Stati Uniti d’Europa, in grado così di incidere nel contesto globale, promuovere la pace e cambiare il modello di sviluppo.