La comunità in cui viviamo sta cambiando di dimensione, essa non è più la nazione ma il mondo intero; in consequenza potremo definire la globalizzazione come uno stato di connettività complessa della società che ha degli effetti sociali molto profondi sull’intera comunità mondiale. L’esplosione delle disuguaglianze è uno di questi effetti sociali causati dalla globalizzazione economica.
Novembre 2022
LA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO E’, INNANZITUTTO, LOTTA ALLE MULTINAZIONALI
Il vertice sul clima che si è da poco concluso a Sharm el-Sheikh ha previsto un fondo per le perdite e i danni, ma non è riuscito a concordare un’azione più ambiziosa sulla riduzione delle emissioni climalteranti poiché il documento adottato manca dell’impegno concreto per un’uscita sicura e sostenibile dai combustibili fossili .
Un tema molto sentito in Italia è quello del riassetto degli enti territoriali intermedi che puntualmente torna quale argomento di discussione politica.
Anche la nuova maggioranza parlamentare pare volersi occupare della materia a cominciare dalla controversa riforma delle provincie. A riguardo si è già espressa la Corte Costituzionale che nel 2021 ricordava al Parlamento che “le Province sono nell’elenco degli enti costitutivi della Repubblica.
Vorrei cominciare con le interessanti affermazioni di Papa Francesco: «… un altro valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata ‘meritocrazia’». Il richiamo alla meritocrazia affascina perché usa una intricante parola il ‘merito’, ma essa viene strumentalizzata e usata ideologicamente, viene snaturata e utilizzata in modo innaturale. La meritocrazia infatti, al di là della buona fede dei tanti che la invocano, sta diventando una legittimazione politica ed etica della disuguaglianza.
Chiunque farà dell’inceneritore di Roma una bandiera del proprio programma elettorale alle prossime regionali non solo definisce un’alleanza politica, ma definisce una visione di gestione del territorio “sbrigativa”, “pericolosa”, “costosa” e “inefficace”.
Dovrebbe far riflettere che oltre il sindaco di Roma, se ne faccia promotore anche il candidato presidente in pectore alle elezioni regionali del PD, visto il suo ruolo di assessore alla sanità dovrebbe avere maggiore sensibilità, proprio perché nel Lazio gli effetti negativi sulla salute degli inceneritori accesi e di quelli finalmente spenti sono evidenti.
Il faro in materia ambientale non può essere la combustione dei rifiuti ma lo sviluppo della bioeconomia sostenibile, oggi, solo il 2 per cento dei materiali biodegradabili ritorna nei nostri terreni, il resto in discarica o incenerito.
Ripartire dai tessuti industriali virtuosi che investono in ricerca per non produrre più rifiuto ma processi per ridare vita ai sottoprodotti fino a riportarli biologicamente nei suoli, così da alimentare sana e nuova occupazione.
E questo discorso e ancora più sensato nella gestione di una Città popolosa come Roma.
Gli esami non finiscono mai, direbbe De Filippo osservando il Presidente Meloni in Parlamento, che neofita del ruolo, ha mostrato il lato più umano e normale di una quarantacinquenne prima donna nella storia repubblicana a presiedere un governo. Perdonata la gaffe imbarazzante nei riguardi dell’On. Soumahoro, il quale ha argomentato abilmente sull’errore di forma del “tu” in cui la “ruspante” Meloni è inciampata per poi apparire sinceramente dispiaciuta dell’errore.
Passato il primo giorno di scuola, si affronta il governo del Paese, primo tema da sviluppare: “Descrivi in che modo metteresti a tacere le zecche comuniste e drogate che ballano e pisciano nelle campagne italiane”; svolgimento: carcere da tre a sei anni per raduni pericolosi.
Questa è la destra italiana, non un manipolo di ideologi fascisti, ma semplicemente una mediocre accozzaglia di visionari che attraverso decreti di questo tipo, generano confusione nei tribunali, in evidente contraddizione con i dettami costituzionali e con il codice penale che prevede già pene per eventuali singoli reati commessi (es. Art. 633 Codice Penale, R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398, per l’invasione di terreni o edifici altrui).
Sorprende la posizione espressa da La Russa sul “25 Aprile”, scontata e prevedibile, cosa ci si aspetta da un estimatore di Benito Mussolini? Che stappi una bottiglia di spumante in ricordo della fucilazione del suo capo? La destra, fa semplicemente la destra.
Cosa fa invece la sinistra (giornalisticamente intesa)? Il Pd organizza il suo congresso a macchia di leopardo, sono infatti rinviati al dopo voto per le regionali gli appuntamenti in Molise, Lazio, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Un fatto ragionevole in condizioni politiche ordinarie, ma dopo le elezioni politiche gli elettori del Pd e gli alleati di ventura, forse auspicavano un congresso di rilancio a breve termine in tutti i territori.
L’alleanza rosso-verde invece ha portato in Parlamento una novità importante, si pensa subito al sindacalista Soumahoro, ma non in quanto africano, infatti ricordiamo il ministro Cécile Kyenge nel primo Governo Letta, ma in quanto persona di sinistra (non a parole, almeno per il momento) che conosce le sofferenze derivanti dalla precarietà della vita dei migranti, tanto da potersi onorare di far risuonare alla Camera il nome di Giuseppe Di Vittorio.
I neo-progressisti del M5S hanno finalmente un capo politico: Giuseppe Conte. Conte è apparso inizialmente come un timido qualunquista che si adagia ad una posizione di comodo, ma dal secondo governo da lui capitanato, ha manifestato qualità nascoste che gli hanno consentito di arginare la perdita di consensi e di occupare strategicamente quello spazio a sinistra abbandonato dal Pd.
Cosa accade nel nostro Molise?
La destra è sicuramente soddisfatta del risultato politico, quattro su quattro i parlamentari eletti, inclusi gli onest’uomini Cesa (condannato per la vicenda ANAS-Prandini) e Lotito (arresto per appalti; “calciopoli”; aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza sui titoli del club bianco-celeste). Ovviamente i malumori dei non eletti e dei non candidati trovano sfogo nel disegno politico della prossima maggioranza (si presume) in Consiglio regionale, con tanto di incarichi di sottogoverno (come si suol dire). I fratellini d’Italia rivendicano ora il candidato alla presidenza, ed è cosa ovvia vista l’elezione dei parlamentari Lancellotta e Della Porta, mentre Toma finge di non essere stato presidente in questi anni e cerca di rifarsi una verginità politica, ma senza alcun successo; Forza Italia grida al tradimento dei sindaci alleati e la Lega mostra un volto ecologista, nel senso che scarica Toma e ricicla chiunque cerchi partito.
Sul fronte opposto? Il M5S è il primo partito, Conte ha attratto elettori di sinistra che probabilmente non avrebbero votato, infatti il movimento continua a godere di luce riflessa, non importa chi siano i candidati locali purché sia bene riconoscibile il simbolo. Tuttavia anche in Molise è stato impensabile replicare il successo elettorale delle passate politiche, ma appunto il dato non è preoccupante per i penta-stellati fino a quando si attestano un passo avanti il Pd.
Il Pd alle prese con un dibattito interno che è di dominio pubblico (tanto democratici da mostrare all’esterno le proprie debolezze) ispira la frase dantesca “Colui che vede un bisogno e aspetta che gli venga chiesto aiuto è scortese quanto colui che lo rifiuta.”. Facciolla è confermato capo del partito molisano dopo il voto della direzione regionale per il rinvio del congresso, ma sa bene che non sarà questo a garantirgli la candidatura alla presidenza della giunta regionale, per la verità anche l’antagonista Fanelli è consapevole che non sarà il Pd a dare le carte sul tavolo verde, tuttavia entrambi si contendono un qualcosa che non c’è o non ci sarà.
Perché tanta acredine? Lo spettacolo non è rassicurante per gli elettori che rischiano di accrescere le fila dell’astensione.
Entrambi i maggiori partiti dell’area neo-progressista sanno bene di non potere prescindere l’uno dall’altro se davvero vogliono tentare una dignitosa campagna elettorale e battere la destra, ma non riescono a superare limiti quasi concettuali. Succede tra i maggiorenti delle coalizioni, la storia politica italiana ci ricorda quando la DC favorì l’ascesa del PSI di Craxi alla presidenza del governo. La DC sopravvisse a molte tempeste quando condivise il peso del potere.
Una soluzione a questa situazione di stallo può essere offerta dal gruppo “rosso-verde-sinistra diffusa”, il quale è sostanzialmente equidistante dai due partiti maggiori, non ha retaggi che creerebbero divisione, al contrario presenta tutti i tratti necessari per favorire un’alleanza e sfidare la destra da una vera posizione di sinistra, infatti, di questi, nessun rappresentante ha preso parte alla Giunta Frattura, quindi i cinquestelle non opporrebbero alcunché, così come nessuna disfatta nel centro-sinistra è avvenuta per cause riconducibili alla sinistra, ma sempre per lotte intestine della parte moderata.
Siamo in un tempo in cui i camaleonti sono fin troppo visibili, non esistono più aree elettorali stabili e riconoscibili che supinamente accettano qualsiasi scelta politica purché della propria parte. Esistono invece elettori che vivono sulla propria persona e nucleo familiare i disagi di nuove forme di povertà, gli stessi si associano a coloro che poveri lo sono da troppo tempo, tanto da aver perso anche fiducia nelle istituzioni e nella politica.
Occorre radicalità per presentarsi alternativi e credibili rispetto all’amministrazione uscente. Radicalità da non confondere con le posizioni infantili dell’estremismo e con la demagogia da salotto. Radicalità come azione di vera trasformazione di usi, modi e programmi del fare politica.
Ad esempio, nel definire il perimetro politico entro cui costituire una coalizione, chi è disposto a rinunciare alle tentazioni dell’On. A. P. che individua nelle liste del moderatismo amorfo il limbo in cui fare candidare alcuni suoi sodali? Chi è convinto che è indispensabile salvaguardare e potenziare la sanità pubblica? Chi è disposto ad elaborare un piano per l’occupazione e lo sviluppo che passi anche attraverso una riforma dei consorzi industriali?
Se il M5S e il Pd riusciranno a cogliere e far proprio il concetto di cambiamento radicale, avranno lunghi anni di amministrazione regionale, cedendo un pezzetto del potere politico istituzionale in seno alla presidenza della giunta.
È un atto di coraggio politico quello dei lavoratori della GKN di Campi Bisenzio, in occupazione del sito industriale, vogliono difendere la sopravvivenza del loro luogo di lavoro.
Chi come me vive nella Valle del Sacco sa cosa significa lo smantellamento dei macchinari dai siti industriali, significa la loro fine e la scomparsa di migliaia di posti di lavoro, troppi esempi negativi abbiamo visto come la Videocolor di Anagni o l’ Alcatel di Frosinone per citarne alcuni.
Oggi, le tecniche di “trasformazione” dei siti industriali è anche più “elaborata” in alcuni piani industriali esce la produzione di qualità ed entra lo smaltimento di rifiuti, ovviamente, a danno della forza lavoro.
Ricordo ancora le parole degli operai più anziani dell’Alcatel di Frosinone in occupazione del sito industriale : “noi non lo facciamo per noi tra poco andiamo in pensione, lo facciamo per i giovani operai precari e per i giovani disoccupati della nostra Provincia che rischiano di non avere più un’ opportunità occupazionale come l’abbiamo avuta noi.”