UNA CONVERSAZIONE ISTRUTTIVA (Parte II)

di Gianni PRINCIPE

La crisi del neoliberismo e l’alternativa sovranista
È qui che arriva la domanda che aleggia un po’ in tutto il dibattito, non solo nostrano ma globale, in corso a sinistra.

Come cambia, se cambia, la linea di tendenza dominante nei centri del potere capitalistico? È stata accantonata la linea dell’austerità ordoliberista perché è prevalsa l’’idea che ci sia bisogno di politiche espansive, come dimostrano la sospensione dei vincoli di stabilità e la fine dell’ostracismo alla spesa in deficit (anche se di investimento)? O si tratta solo di una pausa di consolidamento tesa a ricostruire le condizioni per una ripresa che riporterebbe in auge i vincoli al debito pubblico e all’intervento dello Stato nell’economia?
Ebbene, il mio amico condivide l’impressione (non so quanto verificata direttamente) che Draghi appartenga a quella parte dei centri di potere capitalistico (di cui è un esponente di peso) che ha preso molto sul serio le novità rappresentate dalla vittoria di Trump sulla Clinton e della crescita della destra sovranista nel cuore dell’Europa. Che ha tirato un sospiro di sollievo per la vittoria di Biden ma non sottovaluta il segnale dell’ulteriore aumento di consensi per lo sconfitto (un record storico per i Repubblicani) né quello inquietante dell’assalto a mano armata a Capitol Hill.
Chi, come Draghi, è ben lontano dal porsi domande come quelle, pure assai popolari a sinistra, sul superamento del capitalismo, dal 1989 ha imparato a vedere il futuro, se non con gli occhi di Fukuyama, con quelli di chi considera la globalizzazione dei mercati e la finanziarizzazione dell’economia fenomeni totalizzanti, quasi leggi di natura. Tuttavia, se in quella cornice, ideologica prima che culturale, non c’è lotta di classe, ci sono però diseguaglianze sociali ed esclusione, così come oppressione e disumanizzazione. E non è solo un imperativo etico, un generico umanesimo, che impone di contrastare quei fenomeni, ma un calcolo razionale che vede in essi una minaccia alle basi dell’ordine costituito. Proveniente non dalle avanguardie comuniste ma dai centri del potere (sempre meno coesi e solidali) quando in una loro parte (crescente) si fa strada l’idea di sfruttare a proprio vantaggio, con gli strumenti di dominio del tutto nuovi offerti dal progresso tecnologico, quelle criticità e quelle contraddizioni provenienti dagli strati più svantaggiati della società.

Autore

  • Giovanni Principe, detto Gianni, dirigente storico della Cgil, laureato in Architettura ed Economia del territorio, opinionista ed autore di varie pubblicazioni. Da 40 anni al lavoro, su economia e politiche del lavoro (Ispe, Cgil, Isam, Isae, Isfol). Impegnato per cambiare le cose; è il modo giusto di vederle.

    Visualizza tutti gli articoli

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.

?>