L’arte in tempi di guerra: tra protesta e riflessione.

di Veridiana ALTIERI
UCRAINA

La guerra è distruzione. E’ quanto di più atroce l’umanità possa conoscere e la storia ci insegna, oggi più che mai, che per progettare il nostro futuro non si può dimenticare il passato.

Contrariamente infatti a quanto si possa pensare, i risultati di una recente indagine sugli atteggiamenti umani in relazione al sostegno delle azioni militari da intraprendere in caso di tensioni politiche o di imminente minaccia di guerra,

pubblicata sulla rivista Peace Economics, Peace Science and Public Policy (Spurred by Threats or Afraid of War?A Survey experiment on Costs of Conflict in Support of Military Action), mettono in evidenza come, la maggiore consapevolezza delle ripercussioni di un conflitto armato sull’economia mondiale, porti la popolazione generale ad opporsi fortemente alla guerra e favorire invece soluzioni pacifiche ad eventuali rivalità tra i popoli.

Lo sanno bene gli artisti.

Loro, per capire la guerra, usano da sempre un linguaggio pacifico; un linguaggio che, attraverso combinazioni di parole, suoni, motivi, colori, esplora non solo ideologie, valori, pratiche,

ma anche il significato dell’aggressione come strumento di risoluzione al conflitto.

L’arte è un efficace mezzo di comunicazione. Va oltre la propaganda, trascende il populismo e si rivela spesso la soluzione più efficace per generare una risposta comune, richiamando così l’attenzione su quelli che sono i reali drammi di chi vive la guerra nella sua quotidianità.

Di fronte all’arte è difficile ignorare la morte.

E’ difficile non sentirsi parte di una collettività, di un “noi” che si estende al di là delle nostre certezze.

Di fronte all’arte ci sentiamo spinti a “sentire”. Ed è esattamente questo sentire che stimola la riflessione e spinge all’azione.

A livello sociale infatti, quello della cultura è uno dei pochi ambiti dove ci si può aggregare pur avendo visioni radicalmente opposte. La condivisione dell’esperienza si arricchisce ogni volta attraverso il confronto, ingrediente fondamentale per evitare proprio quella stigmatizzazione della diversità che oggi sembra diventata così endemica nel dibattito pubblico televisivo nazionale ed internazionale.

In questi tempi di totale incertezza andrebbero pertanto maggiormente valorizzate, non ostacolate, tutte quelle iniziative promosse dai vari attori delle istituzioni scolastiche e culturali in genere, volte a generare un dibattito positivo, una riflessione attenta rispetto a quelle che potrebbero essere soluzioni alternative ad uno stato di emergenza.

L’arte e la cultura ci spingono ad essere uniti, a mostrare solidarietà e, grazie al potenziale delle tecnologie digitali, a sentirci vicini e sostenerci anche quando siamo lontani.

Non perdiamo la fiducia nel bello, quel bello che parla con il cuore, che a volte graffia ma che non distrugge mai, quel bello che ci aiuta a fermarci per osservare e capire quanto in fondo siano vicini i confini che ci separano.

Autore

  • Veridiana Altieri si forma come designer di moda presso l'Istituto Marangoni di Milano e approfondisce in seguito lo studio del design di prodotto e della comunicazione. Impegnata da sempre nel sociale, si interessa ai temi dello sviluppo sostenibile ed al ruolo dell'industria nell'ambito dei settori creativi e delle nuove tecnologie. In tutta la sua ricerca, dalla pittura all'ideazione e realizzazione di oggetti, centrale è l'attenzione per le stampe ed il colore. Attualmente vive e lavora in Molise.

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