Elezioni politiche in Spagna: tutto sembrava scritto, i sondaggi avevano sentenziato. La svolta a destra era considerata “cosa fatta”.
Ma il voto reale dei cittadini ha dato un risultato diverso e aperto. Formare un governo non sarà per niente semplice ma chi ha più probabilità di riuscirci è ancora il polo progressista.
Il primo dato che va apprezzato è la partecipazione al voto: per poco non si è raggiunta la soglia del 70 per cento. Una buona notizia visti i gravi problemi che si registrano in questo senso nelle democrazie europee e occidentali.
Ritornano centrali i due partiti storici. Il Partito Popolare ottiene un consenso elevato, diventando il primo partito, ma non ha i numeri per formare un governo. Il Partito Socialista non crolla, anzi aumenta i propri voti sia in termini percentuali che assoluti, accrescendo il numero dei propri parlamentari. Sulla carta, Sanchez ha la possibilità di formare un nuovo governo.
Crolla il consenso verso il Partito della destra. Il populismo nazionalista e reazionario di Vox ha perso nettamente nonostante avesse il sostegno di tutti i leader della destra populista europea, che speravano in un successo in Spagna per aprirsi la strada verso le prossime elezioni europee.
I vari Partiti della Sinistra radicale si sono alleati e hanno ottenuto un certo consenso, che ha evitato la frammentazione, penalizzata nel sistema elettorale spagnolo. Il loro risultato non è andato a discapito del Partito Socialista.
Le forze politiche regionaliste e autonomiste calano ma ottengono comunque un risultato decisivo per un eventuale governo a guida Sanchez.
È concreta la possibilità di un ritorno alle urne, ma questo non preoccupa gli elettori. La strategia di anticipare le elezioni di qualche mese ha dato al Partito Socialista energia e consenso per bloccare la deriva di destra.
La Spagna a guida socialista ha un andamento economico migliore di tanti altri Paesi Europei. Anche sul piano sociale e del lavoro sono state fatte riforme importanti. Ma il cammino di rilancio del ruolo dei ceti medi e bassi, del sistema di welfare, della transizione ecologica e della promozione dei diritti sociali e civili è ancora lungo e travagliato.
C’è, in sintesi, molto da ripensare e da riprogettare!