La famiglia tradizionale è quella famiglia che si supporta. È quella famiglia dove un genitore 70enne non deve morire su un cantiere per aiutare i figli a pagare un mutuo a tasso “variabile” per avere un tetto, perché non hanno un lavoro “stabile” o perché il lavoro “stabile” nasconde “incertezze” e “insicurezze”.
Se 104 fosse un voto di laurea sarebbe anche accettabile ma 104 e l’innalzamento dell’età pensionabile che porterà sofferenza a chi in età avanzata dovrà prolungare la sua attività lavorativa sui luoghi di lavoro magari dovendo conciliare ciò con la propria salute o l’assistenza familiare. La famiglia tradizionale è quella che può avere un accesso universale alla sanità e all’assistenza sociosanitaria e non lapidare un patrimonio per le lunghe liste di attesa o per sostenere le spese per raggiungere i centri ospedalieri specializzati che sono localizzati nelle Città Metropolitane dove sono “insostenibili” i costi di alloggio per uno studente, figuriamoci per assistere un familiare “malato”. La famiglia tradizionale è quella dove l’accesso allo studio sia un riscatto sociale e culturale e non una paura da non poter sostenere. La famiglia “tradizionale” per il popolo e non per chi governa, mentre il “salario minimo” per chi governa e non per il popolo. Insomma, alla fine questa famiglia “tradizionale” è inversamente proporzionale al salario. Voler polarizzare la famiglia tradizionale su schemi, ha creato una famiglia asociale dove il mutualismo da valore aggiunto diventa in diversi casi sopravvivenza. Non c’è famiglia tradizionale, ci sono famiglie che vogliono colorare la loro vita in modo migliore.