Il dato economico che caratterizza il mondo contemporaneo, sempre più, è che l’1%, della popolazione più ricca nel mondo ha accumulato il doppio delle ricchezze del restante 99% del resto degli abitanti del nostro pianeta. In realtà i supericchi sono anche di meno: «i miliardari sono più ricchi che mai e la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani.
L’anno scorso (riferito all’anno 2018, ma la tendenza si è amplificata dopo la crisi dovuta al vovid-19, ma non abbiamo dati certi al riguardo), soltanto 26 individui possedevano la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale. Nel 2017 queste fortune erano concentrate nelle mani di 46 individui e nel 2016 nelle tasche di 61 miliardari. Il trend è netto e sembra inarrestabile. Una situazione che tocca soltanto i paesi in via di sviluppo? No, perché anche in Italia la tendenza all’aumento della concentrazione delle ricchezze è chiara», in https://www.ilsole24ore.com/art/disuguaglianze-26-posseggono-ricchezze-38-miliardi-persone-AEldC7IH, visitato il 27 novembre 2023.
Molti di questi non pagano nemmeno le tasse, o lo fanno in maniera ridicola in confronto ai loro enormi guadagni, come tocca alla maggioranza dei cittadini composta da persone normali. Per capire come, facciamo un semplice esempio: Elon Musk, il famoso multimiliardario, ha pagato per anni una aliquota fiscale effettiva del 3% circa, mentre una piccola commerciante di riso in Uganda paga il 40%. Lei vive con 80 dollari al mese e Musk con 180 miliardi in dollari statunitensi di patrimonio stimato.
In realtà, sappiamo bene, o dovremmo saperlo, che le disuguaglianze economiche all’interno dei Paesi parte del sistema neoliberista non sono causate da un’inevitabile legge naturale, non sono causate da colpe delle persone povere, ma sono chiara espressione di una volontà politica. La povertà e in generale le diverse forme di diseguaglianza sociale, sono i prodotti del funzionamento di un determinato modello sociale, non sono semplicemente il frutto delle distonie o inefficienze nei suoi processi regolativi. In fondo i meccanismi economici, politici, sociali e culturali, che generano la povertà per alcuni individui o gruppi sono gli stessi che producono benessere e integrazione per altri. «Sotto la copertura del “merito” e delle “capacità” personali, vengono in realtà perpetrati i privilegi sociali, perché i gruppi svantaggiati non hanno i codici e la strumentazione dialettica con cui viene riconosciuto il merito. La popolazione studentesca è aumentata moltissimo … Ma la classe operaia ne resta quasi completamente esclusa», come sostiene T. Piketty, Capitale e ideologia, Milano, La nave di Teseo, 2020, p. 813, che porta dati storici e comparazioni economiche dettagliatissime per spiegare il tema. Ma come dimostrano le recenti votazioni in Olanda e in Argentina, spesso il sistema delle disuguaglianze viene aiutato anche dal voto democratico popolare. Sull’evasione fiscale di solitamente si colpevolizzano, grazie ai mass media dominanti, gli artigiani, i piccoli imprenditori, i piccoli negozianti, e tassisti come categorie di evasori sistematici che danneggiano il sistema Paese, ma queste categorie non incidono in modo significativo. La realtà è molto diversa, il problema esiste ma si trova a livelli decisamente più in alto, sicuramente in quella fascia numericamente esigua di ricchi e grandi aziende multinazionali che detengono ormai gran parte della ricchezza. Sono due verità chiave sancite, non da presunti rivoluzionari o estremisti di sinistra, ma dal primo Global Tax Evasion Report, uno degli studi più aggiornati, completi e innovativi sull’evasione fiscale globale, pubblicato dall’Unione Europea, https://www.taxobservatory.eu/publication/global-tax-evasion-report-2024/, qui da tutti consultabile. Secondo il fondatore dell’Osservatorio, Gabriel Zucman, «se osserviamo i dati, vediamo [benissimo] che l’evasione fiscale è uno sport praticato principalmente dai ricchi e dalle grandi multinazionali. Questo aggrava le disuguaglianze e mina [inesorabilmente] la democrazia».
Secondo lo studio, dove i dati sono seriamente non confutabili, le multinazionali e i miliardari, avendo grandissime capacità economiche, strategiche e informative, riescono a spostare i loro patrimoni in conti offshore o in holding finanziarie, creati spesso, quasi sempre, nei paradisi fiscali, per poter così eludere completamente le tassazioni attraverso pratiche che si trovano ai limiti della legalità, a volte anche in aperto contrasto con le normative fiscali vigenti. Ma nessuno lo vuole ammettere. Come infatti spiega Annette Alstadsater, coordinatrice del gruppo di ricerca, la creazione di varie holding permette a questi gruppi finanziari di risultare direttamente proprietari delle azioni al posto dei singoli individui, sostanzialmente schermando e nascondendo i reali proprietari ed i loro patrimoni. Così facendo il profitto generato non è direttamente riconducibile alle singole persone e quindi, questi ricchissimi multimiliardari, non vengono in nessun modo tassati. Il fatto è gravissimo in un sistema che dovrebbe essere democratico e basato sui diritti di uguaglianza tra le persone. Su scala globale, lo stock di ricchezza finanziaria offshore è cresciuto in termini nominali e reali negli ultimi vent’anni, raggiungendo nel 2022 una cifra pari a 12.000 miliardi di dollari (il 12% del PIL dell’intero pianeta), ed il 27% di tale ammontare evade oggi la tassazione. Naturalmente non possiamo sapere con certezza se in realtà questa percentuale di evasione sia effettivamente più alta, i dati dello studio tendono a cercare di non fare ipotesi ma solo su quanto realmente posso essere sicuri. Ma nonostante l’evasione fiscale tramite conti offshore sia diminuita negli ultimi dieci anni grazie soprattutto al Common Reporting Standard del 2017, che impone lo scambio di informazioni finanziarie tra banche e autorità di controllo, i ricercatori mettono in guardia riguardo alle numerose nuove frontiere dell’evasione che si realizzano soprattutto, ma non solo, attraverso gli investimenti immobiliari. I beni reali, infatti, non sono soggetti all’obbligo sullo scambio di informazioni come avviene, invece, dal 2017, per i beni finanziari. Pertanto, il denaro che un tempo era presente nei conti offshore viene oggi sicuramente investito in immobili tramite strutture segrete, come società di comodo e trust. “Si pensi alle proprietà a Dubai come ai nuovi conti bancari svizzeri”, dicono gli studiosi nel rapporto, dando anche un effettiva indicazione su dove si deve cercare l’evasione e l’elusione fiscale oggi. Il problema principale è che della maggior parte di questi casi non si riesce a risalire al vero proprietario, non è possibile farlo, almeno fino a quando non si vuole farlo con una legislazione adeguata, manca la volontà politica e l’informazione adeguata.
Ancor di più, secondo i ricercatori, anche l’evasione fiscale offshore continua e permanere perché purtroppo è ancora “possibile detenere attività finanziarie che sfuggono agli obblighi dichiarativi, sia a causa della mancata conformità da parte delle istituzioni finanziarie offshore, sia a causa delle limitazioni nella concezione del sistema di scambio automatico di informazioni bancarie”. Si è messo in evidenza come alcuni individui, che erano soliti nascondere attività finanziarie in banche offshore, abbiano sfruttato delle scappatoie spostando le loro attività su asset non coperti dallo scambio automatico di informazioni, in particolare, come visto, gli investimenti in immobili, si pensi ai grandi investimenti incontrollati, appunto immobiliari, in alcuni paesi del mondo arabo (Dubai e Arabia Saudita ad esempio). Investimenti e opportunità di investimento spesso pubblicizzati da ex primi ministri, ex presidenti, ex capi di stato e ex presidenti del consiglio di nazioni occidentali, naturalmente con lauti ringraziamenti economici da parte dei governi non esattamente democratici, in questione.
Un altro dato rilevante, incontrovertibile, che emerge dalla ricerca è che rimane ancora molto, troppo, alto l’ammontare di profitto che viene spostato dalle multinazionali nei paradisi fiscali: la stima, per difetto, è di 1.000 miliardi di dollari per il 2022. Si tratta dell’equivalente del 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. Secondo il rapporto, nonostante negli ultimi anni siano state adottate delle misure per cercare di arginare questo fenomeno, il profit shifting, globale, cioè le strategie di natura fiscale internazionale attuate da alcune imprese multinazionali al fine di traslare i profitti da paesi ad alta tassazione a paesi a tassazione ridotta o nulla è rimasto praticamente invariato. Queste pratiche elusive del pagamento delle giuste tasse implementato dalle multinazionali privano, su scala globale, gli erari degli Stati nazionali di risorse equivalenti minimo del 10% del gettito complessivo dell’imposta sul reddito delle società. Questo fenomeno danneggia particolarmente il continente europeo dove negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della pressione fiscale sui ceti medi, con la conseguenza del loro impoverimento, e al taglio delle spese sociali, dell’istruzione, di investimenti sull’occupazione e produttivi e sanitarie. Le maggiori responsabilità sono dell’Unione Europea, come intera istituzione, cha contribuito a globalizzare i mercati delle merci e della finanza, ma non ha saputo o voluto costruire una politica fiscale sovranazionale, basata sul principio di progressività, non c’è stata nessuna legislazione sovranazionale a difesa del lavoro. Tutto questo sarebbe stato facilmente evitato se le multinazionali e i super ricchi avessero pagato regolarmente le tasse. Inoltre, attraverso un metodo pionieristico, gli studiosi dell’UE Tax Observatory, hanno evidenziato come l’imposta sul reddito non è progressiva per tutti. Infatti, per i miliardari è assolutamente regressiva, ovvero più guadagnano meno tasse pagano, mentre per il resto della popolazione è progressiva, ovvero più si guadagna, relativamente al poco che guadagnano se comparato ai guadagni dei miliardari, e più è alta la tassazione. Cosi si sono colpiti i redditi delle classi medie, i professionisti, facendoli drasticamente perdere redditi. Naturalmente i poveri hanno pagato le gravissime riduzioni dello stato sociale. Ma molto spesso sono proprio gli esponenti delle classi medie e popolari a votare per partiti che propongono politiche neoloberiste questo è il capolavoro fatto dal “sistema informativo” che riesce a nascondere molto bene i reali problemi che ci affliggono.
Questa ricerca dimostra che i miliardari globali beneficiano di aliquote fiscali sulla persona molto basse, comprese tra lo 0% e lo 0,5% della loro ricchezza, mentre i redditi delle persone normali vengono tassati tra il 20% ed il 50%. Una vergogna da non tollerare. Come afferma in un’intervista uno dei principali ricercatori della ricerca Dell’Unione Europea, citata, Gabriel Zucman, «i livelli di disuguaglianza sono alimentati dalle politiche fiscali. Negli ultimi 40 anni, in tutto il mondo, quando i governi hanno ridotto le imposte sulle imprese e sui ricchi per rimanere competitivi, hanno compensato la perdita di gettito aumentando i prelievi sul lavoro e sui consumi». Le tasse sul lavoro e sui consumi, per non parlare delle tasse indirette come Iva e accise sui carburanti, però, ricadono proporzionalmente molto di più sulle classi basse e medie, e questo ha esacerbato la disparità fiscale, la quale, secondo l’economista premio Nobel Joseph Stiglitz, «mina il corretto funzionamento della nostra democrazia, approfondisce la disuguaglianza, indebolisce la fiducia nelle nostre istituzioni ed erode il contratto sociale». Dappertutto la disuguaglianza è in aumento, il welfare è stato tagliato, i diritti dei lavoratori ridotti ai minimi termini. Mentre un’enorme quantità di risorse pubbliche è stata utilizzata per il salvataggio del sistema bancario, il potere delle grandi corporation produce sempre nuovi problemi per lavoratori, consumatori e cittadini. Il problema diventa serio perché «Le disparità economiche non recano necessariamente danno a chi non appartiene al ceto agiato, ma le loro conseguenze politiche si. Se gli interessi dei ricchi sono in grado di convertire la ricchezza in potere politico, sono anche in grado di falsare l’economia di mercato e la democrazia», in C. Crouch, Quando capitalismo può sopportare la società, Roma-Bari, Laterza, 2014, p. I di copertina. Abbiamo un sistema politico, finanziario e legislativo strutturato per portare incredibili benefici solo alle multinazionali e ai super ricchi, mentre a farne inesorabilmente le spese sono soprattutto i normali cittadini, massacrati da un regime fiscale a loro totalmente sfavorevole, ma ancor più grave risulta il fatto che chi implementa tale situazione goda di continue vittorie elettorali e governa facendo in modo che tutto prosegua in questo modo ingiusto e veramente vergognoso, ci sembra giusto concludere che inesorabilmente viviamo in un periodo in cui Mala tempora currunt sed peiora parantur (corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori).