Si parla molto di genitorialità intendendo con questo termine tutto ciò che due persone affrontano e trasmettono al proprio figlio, dalla nascita in poi, accompagnandolo nel suo percorso di vita e contribuendo al suo sviluppo caratteriale e comportamentale.
Insomma, dovrebbe essere la massima espressione dell’Essere Umano.
Detta così, sembrerebbe quasi facile ma sappiamo che non lo è. Nessuno ci insegna ad essere genitori. Le cose poi si complicano nel momento in cui il piccolo ha dei problemi di salute e, nello specifico, quando si nota da subito una disabilità. L’entusiasmo si spegne.
Nella maggioranza dei casi le famiglie battono contro il muro di gomma delle Istituzioni. Nel corso della vita ho incontrato diverse mamme e diversi papà di bambini e ragazzi con disabilità. Ho notato, in genere, la predominanza delle mamme che si mostrano iperprotettive nei confronti del/lla proprio/a figlio/a più debole e, talvolta, persino aggressive verso chi gli/le si avvicini. Di contro, ho riscontrato il desiderio di indipendenza e la rivendicazione della propria privacy da parte del/lla ragazzo/a.
Per me, amare significa anche concedere l’autonomia al figlio “speciale”, lasciandolo libero nella sua intimità di collezionare le sue esperienze esattamente come tutti. Dinanzi agli ostacoli si rialzerà e sarà felice di averlo fatto da solo, vincendo le enormi difficoltà a cui è costretto.
Ognuno deve essere considerato un essere umano: il disabile deve essere aiutato sì, ma mai umiliato attraverso la pietà , lo scherno, l’impazienza, l’indifferenza. Sto parlando di dignità.