La storia e, dunque, la nascita della scrittura Braille è stata lunga e sofferta.
Già Erasmo da Rotterdam nel 1500 aveva posto l’attenzione sulla condizione di quei soggetti considerati scarto della società, in particolare sordi e ciechi. Essi, infatti, venivano dappertutto emarginati dalla società perché ritenuti non in grado di svolgere alcuna attività lavorativa o di altra natura e, dunque, assolutamente non adatti a ricevere alcun grado di istruzione. I ciechi si trovavano molto spesso sui sagrati delle Chiese oppure nell’ombra, ai bordi delle strade, a chiedere l’elemosina in atteggiamento di sottomissione, col capo chino ed in silenzio. In quei soggetti che sentivano di dover mantenere una certa dignità si notava un arrancare con movimenti volontari di orientamento oppure la ricerca di vedenti come guide. Altro destino per loro, ancor più triste, era il ricovero in ospizi dai quali uscivano soltanto per l’ultimo viaggio. Di solito, la compassione e lo spirito di solidarietà alimentavano metodi parascientifici che, con infusi e pozioni magiche, promettevano speranze di guarigione . Degni di nota sono personaggi illustri quali Girolamo Cardano (1501-1576) matematico, filosofo, ingegnere, astrologo e illusionista, inventore del giunto cardanico che si occupò per primo della istruzione dei sordomuti e dei ciechi e Francesco Lana de Terzi (1631-1687) un gesuita che ideò per primo un metodo di scrittura per non vedenti. Egli fu il primo a intuire l’importanza del tatto per i non vedenti e così pensò di realizzare una sorta di alfabeto semplificato fatto di fili intrecciati che sistemava in modo che i ciechi, toccandoli, potessero crearsi un’idea delle lettere stesse. Fu, naturalmente, un metodo fallimentare perché privo di rappresentazione sulla carta. Fu il tipografo veneziano Francesco Rampazzetto a realizzare una sorta di macchina per scrivere dai caratteri mobili che venivano impressi con una notevole pressione sulla carta realizzando una scrittura in rilievo. Anche questo metodo risultò fallimentare perché bisognava rendere adatta la carta attraverso un lungo e faticoso processo ed, inoltre, la pressione da imprimere sulla carta era davvero notevole. Di certo, la teoria dell’Empirismo inglese secondo cui la conoscenza umana deriva dall’utilizzo e dalla esperienza dei sensi, non agevolava i non vedenti. Solamente con l’affermarsi dell’Illuminismo nel XVIII secolo si ebbe una nuova visione . Dall’Europa e particolarmente attivo in Francia, partì il più grande movimento di rinnovamento in campo filosofico, culturale, scientifico, artistico, economico, politico, religioso e sociale che poneva l’Uomo, dalla mente illuminata, in atteggiamento critico rispetto alle grandi tematiche. Venne fuori, altresì, un nuovo sentimento, quello della filantropia.
Il primo vero tiflologo della storia fu Valentin Hauy nato a Saint-Just (1745-1822) di nobile famiglia, fratello del padre della cristallografia. Apro una breve parentesi per spiegare che la Tiflologia (dal greco Tyflòs+logos ovvero cieco+discorso) si occupa delle condizioni di vita dei non vedenti e dei problemi educativi legati al loro inserimento nel mondo scolastico, lavorativo e sociale. Si narra che nel 1771 il giovane Valentin Hauy si recò a Parigi alla fiera di San Ovidio dove assistette ad una scena molto bruta in cui un gruppo di ciechi abbigliati con costumi da baracconi si esibiva per far ridere il pubblico. La scena terminava con una sorta di combattimento che si svolgeva per mezzo di lunghi bastoni atti a colpire alla rinfusa. Da qui l’espressione “botte da orbi’” Hauy rimase molto colpito da quello spettacolo davvero triste e decise di dedicare la sua vita al riscatto di queste persone. La sua intenzione fu rafforzata da un altro episodio avvenuto circa sette anni dopo sempre a Parigi. Sul sagrato di una Chiesa vide un mendicante non vedente al quale fece dono di una moneta e notò che questi, dopo averla accuratamente toccata, fu perfettamente in grado di riconoscerne il valore. Ebbe, così, la conferma che i ciechi possono essere educati ed istruiti e, dunque, si adoperò coinvolgendo altri con lo stesso ideale, per la realizzazione della prima scuola per non vedenti che non fosse di tipo assistenziale ma che desse una truzione a questi soggetti. La scuola fu fondata a Parigi nel 1784 e venne denominata “Istituto Nazionale per Giovani Ciechi” e Valentin Hauy ne divenne il Direttore. Al suo interno si insegnava a riconoscere i caratteri dei vedenti a rilievo accuratamente semplificati, stilizzati, ingranditi e realizzati con semplici materiali quali legnetti o pezzetti di altra origine . Era un metodo di complicata e lunga preparazione che rallentava l’apprendimento ed era, inoltre, un metodo sostanzialmente di lettura e non di scrittura che, invece, diventava possibile solo attraverso un procedimento di umidificazione e pressatura di più fogli assemblati. Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione Francese e Hauy si rifugiò a San Pietroburgo dove fondò la seconda scuola per non vedenti. Ritornato a Parigi dodici anni dopo, trovò la sua scuola nazionalizzata. Poi fu arrestato e dopo qualche anno morì.
Tra il 1790 e il 1799 nacquero altre scuole sia in Inghilterra, che a Vienna, che a Berlino. Fu proprio nell’Istituto di Vienna che si fece una scoperta sensazionale e cioè che il tatto risultava più sensibile e preciso quando le dita sfioravano i punti anziché le linee o altre forme. Anche in Italia nasce il primo Istituto a Napoli, poi a Genova, Bologna, Milano, Firenze ed in Sicilia.
Arriviamo finalmente all’eroe Louis Braille che nacque a Coupvray (Francia) il 4 gennaio 1809 e morì a Parigi il 6 gennaio 1852. Egli era figlio di un sellaio ed all’età di tre anni, mentre giocava nella bottega del padre, si ferì ad un occhio. L’infezione si trasmise all’altro occhio rendendo il piccolo totalmente cieco. Quando raggiunse l’età scolare, i suoi genitori vollero portarlo a Parigi nella scuola fondata da Valentin Hauy e lì studiò, imparò la musica e si diplomò a pieni voti. Come accadeva di solito, a tutti gli allievi più bravi, anche a Louis Braille fu proposto di rimanere nella scuola come docente. Oltre a ciò, Braille esercitava anche l’attività di musicista e organista presso le più importanti Chiese parigine. Pochi ricordano l’attività di musicista di Braille né sono stati ritrovati sue composizioni scritte poiché gli organisti francesi di allora avevano grande capacità di improvvisazione ma, ancora oggi, in Francia, persiste la tradizione della presenza di organisti non vedenti nelle Basiliche, compresa Notre Dame, in ricordo di Louis Braille e dei suoi allievi musicisti.
Capitava spesso che filantropi e personaggi illustri facessero capolino negli istituti che ospitavano le persone speciali vuoi per informarsi sulle attività svolte , vuoi per fare donazioni. Così, nella scuola che ospitava Louis Braille andò in visita Charles Barbier un generale di Napoleone, ormai in pensione, che raccontò di come, dietro richiesta da Napoleone in persona, realizzò un sistema in codice tattile, di comunicazione tra gli alleati, costituito da un sistema di 12 punti ognuno dei quali rappresentava una sillaba . Detto sistema poteva essere usato anche in assenza di luce ed aveva il vantaggio di essere incomprensibile al nemico. Il Prof. Braille rimase molto colpito da quel racconto e si mise a lavorare affinché il codice fosse semplificato e adattato alle caratteristiche dei non vedenti. Così, ridusse i puntini a 6 e fece corrispondere una lettera ad ogni puntino. Inoltre, la scoperta geniale di Braille fu che le dita avevano la maggiore sensibilità localizzata sui polpastrelli e, quindi, adattò anche le dimensioni dei caratteri a quelle dei polpastrelli, E’ importante notare che nell’alfabeto di Braille la lettera W era mancante poiché nella lingua francese questa lettera non esiste; essa venne inserita in seguito, quando l’alfabeto divenne patrimonio di tutto il mondo. Louis Braille, orgoglioso della sua “invenzione”, e avendo ricevuto l’approvazione dei suoi allievi, ne parlò con il Direttore e gli altri docenti della scuole che, però, mal accolsero la novità. Tale scrittura superava e rompeva il legame fra la forma dei caratteri finora adoperati e i caratteri in rilievo. Infatti, essendo incomprensibile ai più, veniva considerato una sorta di codice segreto che avrebbe messo in contatto stretto gli allievi tra loro con la netta esclusione dei docenti della scuola. Ancora oggi, purtroppo, vige, in qualche caso, questa convinzione. Fu solamente grazie al nuovo Direttore che comprese che questo sistema permetteva la lettura veloce e lineare ,
che venne messo in sperimentazione.
Louis Braille morì di tubercolosi nel 1852 abbastanza giovane e non fece in tempo a vedere l’enorme successo della sue “invenzione” che fu in grado di strappare i non vedenti dal degrado e dall’isolamento, anche culturale, tuttavia, questo metodo, prima di ottenere l’approvazione si dovette scontrarsi con altri metodi più tradizionali già in uso. Il riconoscimento del metodo come metodo migliore (ma non ancora l’ufficializzazione) avvenne durante i Congresso mondiale dei ciechi nel 1878. L’ufficializzazione si ebbe soltanto nel 1903 durante i Congresso che si svolse negli Stati Uniti. A dimostrazione della grandezza di Louis Braille, nel 1952 la sua salma fu trasferita nel Pantheon a riposare insieme agli eroi e ai personaggi famosi francesi. Grazie a Louis Braille – a cui sono state intitolate strade, biblioteche, giornate e tanto altro – uno strumento di guerra viene trasformato in strumento di beneficio per l’Umanità.