– Che ruolo ha svolto l’Europa?
La svolta europea delle ultime elezioni non è ancora stata messa a fuoco come dovrebbe, in Italia, anche per l’effetto distorsivo determinato dall’influenza di quei poteri che hanno in mano l’informazione.
Che porta, come ulteriore effetto, la cultura di sinistra a commettere due errori di interpretazione opposti ma in certo senso complementari.
A un estremo, quello di non dare alcun peso alla crisi dell’ordoliberismo germanocentrico (o come altro si definisca l’indirizzo a guida tedesca prevalso fino allora), con la UE intergovernativa come corollario. E di nono vedere il passaggio alla riscoperta del ruolo dello stato nell’economia, con la UE, se non federale (“dei cittadini”), avviata tuttavia a una maggiore integrazione politica, perdendo così di vista il conflitto di forze economiche e ipotesi politiche che ne è alla base.
All’opposto, quello di coltivare l’illusione che la nuova fase sia di per sé un segnale di impotenza del capitalismo che lascia campo aperto alle forze (di sinistra) che storicamente si propongono il suo superamento (di cui queste contraddizioni segnerebbero, marxianamente, la maturazione). Come se la storia non avesse insegnato che il proprietarismo (Piketty) evolve mutando le forme istituzionali e le strategie politiche all’evolversi delle condizioni materiali e dei rapporti sociali.
Non è sempre il solito, immutabile capitalismo da sovvertire. Non è neanche l’alba del giorno che sta per sorgere dalle tenebre grazie a una dinamica inarrestabile quanto la rotazione dell’asse terrestre.
– Quali i caratteri salienti della svolta europea?
La svolta è maturata in seguito a una serie di circostanze, tra cui si possono mettere in evidenza la Brexit, la crescita del peso elettorale dell’estrema destra sovranista e i segnali di crisi economica in Germania, con la diffusione della pandemia ad aggravare ulteriormente le prospettive. Tra i pilastri della politica economica UE a guida tedesca, alcuni hanno mostrato la loro fragilità e sono stati via via oggetto di provvedimenti, formalmente provvisori, che segnavano però un cambio di indirizzo dal chiaro carattere strutturale. Sospensione del patto di stabilità, allentamento dei vincoli agli aiuti di stato, fine del dogma della impercorribilità di qualunque forma di condivisione dei debiti nazionali.
Al fondo, il principio che si è fatto strada nella parte meno ottusamente rigida del “fronte del nord” a guida tedesca è che l’Europa a due velocità, che fino allora aveva fornito un impulso alla crescita di quei paesi a danno dell’Europa mediterranea, si stava rivelando di ostacolo a una crescita di lungo periodo della parte fin lì avvantaggiata. Se non altro, per la sempre maggiore integrazione delle catene del valore all’interno dell’Unione mentre ostacoli sempre crescenti si andavano frapponendo a quelle più lunghe, verso l’esterno.
La risposta su quali soggetti abbiano commissariato la politica italiana è dunque un’altra. L’operazione, tutta politica, è stata messa in piedi dai centri di comando (politici ed economici) dell’Europa post 2019.