È RICHIESTO UN RESET DI SISTEMA NELL’ITALIA DEL DOPO TRUMP (Parte VI)

di Gianni PRINCIPE

Una prima conclusione è che in questa situazione si arriva, al più, alla riduzione del danno, mentre è richiesta una rottura di continuità, almeno sulle sfide prioritarie, fondamentali. Sanità, ambiente, risorse (lavoro e fisco).

Arriviamo a una prima conclusione prendendo di petto questo punto dolente. Lasciando da parte ItaliaViva, che presidia il governo in missione per conto terzi in territorio nemico, guardiamo prima di tutto al PD e confrontiamo le sue posizioni con i quattro titoli di merito attribuiti a questo governo in un’ottica di sinistra (molto “basica”). È facile accorgersi che non ce n’è uno che non sia in contrasto con l’armamentario programmatico che si è dato da molti anni a questa parte (ben prima della gestione Renzi). Vale per il reddito di cittadinanza, per il MES (sanità), per le privatizzazioni, ma (lo stiamo vedendo ora) perfino di più per l’ultimo punto. Perché le strutture commissariali, al centro delle polemiche, sono un errore, sì, ma proprio in quanto sono una concessione alle logiche care a Renzi (sono un suo pallino) e al PD, oltre che alla destra dai tempi di Berlusconi, in quanto terminale ideale per lobby affaristiche (palesi o occulte). Non è dunque la loro costituzione che suscita tanta avversione quanto il solo sospetto che possano essere tenute lontane dagli interessi lobbistici (come gettare un tesoro alle ortiche…).
Ma almeno ci sono i Cinquestelle che su quei punti hanno tenuto, si sente dire. Certo, non hanno tutti i torti: purtroppo, non sono però in nessun modo la soluzione al problema. Non tanto perché sono deboli, avendo perso metà dei consensi, ma per le ragioni per cui li hanno persi. Che sono tutte riconducibili alla mancanza di un retroterra politico e culturale chiaro e solido: l’eclettismo e l’agnosticismo ideologico a cui continuano ad appellarsi, se non sfociano nel centrismo (che resta anche il limite storico dei Verdi) nel migliore dei casi limitano la loro azione alla riduzione del danno. Se torniamo a esaminare l’elenco precedente, i quattro punti sono accomunati dall’essere tutti una difesa dell’esistente. Non che la difesa non sia importante, se preserva quelle che Gramsci (altra citazione) definiva “casematte”. Ma ora il problema non è tener duro su quello che c’è, ma riuscire a innescare discontinuità forti per le quali non si può più temporeggiare in attesa di tempi migliori.
Dobbiamo esserne convinti ed essere convincenti, credibili per trovare nuovo ascolto, nuovi consensi e nuove energie, di partecipazione e mobilitazione. Partendo dal “Manifesto per la Società della cura”, a cui rinvio di nuovo, propongo una ulteriore sintesi delle sfide che abbiamo difronte.
Non si può che partire dalla sanità, su cui si deve tornare a investire (45 miliardi nei prossimi 5 anni, non 9 come si sta prospettando) per rivoluzionarne l’assetto e gli indirizzi di fondo: centralità del pubblico, della prevenzione, del territorio, ma anche assunzione di responsabilità dello stato, che la Costituzione chiama a determinare “i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, nonché “i principi fondamentali”.
C’è poi l’emergenza ambientale su cui il cambio di rotta deve essere radicale: la prova del nove si ha con l’abrogazione dei sussidi ambientalmente dannosi, l’imposizione di tasse sulle emissioni di gas climalteranti e sulla plastica monouso, il blocco delle opere – grandi e piccole – dannose per l’ambiente, il clima e la salute.
Dobbiamo infine aver chiaro che la grande mole di risorse che siamo chiamati a investire in tempi molto brevi è una scommessa sul futuro ma anche un prelievo che rischia di ipotecarlo e di pesare sulle nuove generazioni. Significa doversi muovere lungo tre assi fondamentali:

  1. una massiccia creazione di nuova occupazione (di ogni euro speso deve essere evidenziata la ricaduta occupazionale), accompagnata dalla rimozione dei limiti attuali del reddito di cittadinanza;
  2. un contrasto rigoroso ad ogni forma di speculazione sottraendo con ogni mezzo gli investimenti alla logica del massimo profitto (estensione dell’area dei beni comuni, controllo rigoroso dell’impiego delle risorse), a partire dalla imminente campagna vaccinale;
  3. una modifica profonda del prelievo fiscale ispirata a un deciso ritorno alla progressività e alla tassazione dei grandi patrimoni e delle successioni di maggiore entità, sostenuta da un’iniziativa sul piano internazionale, insieme alle forze politiche europee più in sintonia su questi temi, data la loro dimensione che travalica ampiamente l’ambito nazionale.

Autore

  • Giovanni Principe, detto Gianni, dirigente storico della Cgil, laureato in Architettura ed Economia del territorio, opinionista ed autore di varie pubblicazioni. Da 40 anni al lavoro, su economia e politiche del lavoro (Ispe, Cgil, Isam, Isae, Isfol). Impegnato per cambiare le cose; è il modo giusto di vederle.

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