La memoria è importante perché le particolarità della situazione italiana hanno origine nella nostra storia recente e nei condizionamenti delle libertà fondamentali che l’hanno caratterizzata. Su cui si è operata una rimozione.
Un intenso lavoro di ricostruzione è dunque in corso un po’ dappertutto, in particolare nel mondo anglosassone: se però si sfoglia la letteratura mondiale attuale, quei pochi nomi italiani che si si trovano sono per lo più attivi in altri paesi, mentre sono rari quelli residenti e attivi in Italia. È un fatto che merita una spiegazione e il senso di questa digressione sta proprio nel nesso profondo e stringente tra questa caduta di tensione intellettuale e l’eclisse della sinistra nel nostro paese.
Torno a richiamare Gramsci, perché da segretario del Partito Comunista ha dedicato molta della sua elaborazione culturale a una ricostruzione dei passaggi fondamentali della storia nazionale, considerandola indispensabile per comprendere le radici delle dinamiche in atto nella società in cui agiva. Mentre noi viviamo in una società che ha rimosso la storia, senza neanche una sinistra che ne abbia conservato la memoria: ma una società che vive in un eterno presente rimuovendo costantemente il passato (perfino quello più recente) non può avere alcuna visione del futuro che non sia la continuazione del presente, ossia la sua conservazione (consacrata dal dogma del TINA).
La crisi della democrazia che si registra nel mondo intero (uguaglianza dei diritti negata dalla crescita di diseguaglianze e discriminazioni, informazione condizionata da un potere privo di contrappesi) nel nostro paese assume un rilievo del tutto particolare. Ma facciamo fatica a cogliere con chiarezza quanto pesi, all’origine di queste particolarità, il portato di una storia recente in cui le libertà fondamentali dei cittadini sono state fortemente condizionate.
Siamo usciti dal mondo bipolare, quello della guerra fredda, salutando la fine della “democrazia dimezzata”, del fattore K, dell’impossibilità di un’alternativa e abbiamo rimosso il lato oscuro, l’inquinamento della vita pubblica che quella condizione portava con sé, le degenerazioni e le deformazioni che aveva introdotto. Nessun esame di coscienza collettivo, in profondità, ma un frettoloso voltare pagina che ha permesso al marcio di contaminare il nuovo riproducendosi. Non molto diverso da quanto avevamo vissuto nel passaggio dalla resistenza all’atlantismo. Stavolta, però, facendo tutto da soli o, comunque, aiutati ma non costretti. E tra le conseguenze principali, e più gravi, di questa rimozione c’è stato il venir meno della consapevolezza di come stava cambiando il rapporto dei cittadini con la politica.