TEMPI MODERNI: I CICLOFATTORINI NON LAVORATORI MA SCHIAVI

di Marco MADDALENA

Ucciso da un auto mentre consegna pizze e panini in bici e “l’algoritmo” non fa nemmeno le condoglianze alla famiglia ma lo licenza (sic!)

Sebastian Galassi, 26 anni, è morto su una bici perché investito da un auto mentre lavorava.

Usava la bici per lavoro ma non era un ciclista professionista che si allenava per il Giro o per il Tour, era un “rider” per Glovo, perché “ciclofattorino” suona male, vuoi mettere quando fai il fico con gli amici invitati a cena ed esclami tra poco arriva il “rider con il sushi, tutto a casa, tutto grazie all’APP”.

Magari quella bici era pure una bici di fortuna e forse Sebastian non amava nemmeno tanto pedalare, ma con quella bici probabilmente riusciva ad alzare un piccolo reddito saltuario consegnando pizze e panini a clienti “attenti” alla temperatura degli alimenti e ai tempi di consegna per “alimentare” le recensioni di un algoritmo che non perdona “disservizi o ritardi”, tanto da licenziarti anche da morto.

Mauro Biani ha dedicato a questo terribile fatto di cronaca una vignetta in cui si vede un novello Charlie Chaplin che, indossato il borsone dei cliclofattorini, è intendo a riaggiustare gli ingranaggi di una bicicletta come farebbe in “Tempi Moderni”.  L’illustrazione a mio avviso riesce a rappresentare molto bene la nuova “catena di montaggio”, che non ha più un luogo fisso ma tanti luoghi geolocalizzati da un algoritmo, da raggiungere con una bici secondo tempi scanditi sempre dell’algoritmo.

Non è la bici che stanca o fa morire i ciclofattorini ma sono i ritmi insostenibili imposti dagli algoritmi e i rischi legati alla mancata sicurezza stradale.

La bici in una situazione così, di vero e proprio “caporalato”, diviene una compagna di lavoro e come per anni la falce e il martello nella società italiana hanno rappresentato il simbolo della lotta dei lavoratori, oggi, allo stesso modo è la bici il simbolo del riscatto sociale ed ecologico dei tanti “invisibili” sul lavoro.

La legislazione sul lavoro per i ciclofattorini è figlia non solo di confusione, ma di un caporalato moderno, perché non è solo nei campi che trovi il “caporale” che ti sfrutta e ti controlla, oggi esiste un “caporale” nel nostro telefono che mentre consegni pizze e panini ti geolocalizza, segna i tuoi tempi e ti spinge a pedalare più forte non per un “premio” ma per qualche spicciolo e se hai un problema sei fuori e se hai un incidente o muori non sei più un lavoratore sei un autonomo e quindi non ti sei ferito o hai perso la tua vita mentre lavoravi per consegnare una maledetta pizza… non sei un lavoratore subordinato ma uno “schiavo moderno”.

Mai più una pizza a casa senza un contratto di lavoro vero!

Autore

  • Marco Maddalena, esperto di politiche attive per il Lavoro, studioso dei processi utili alla conversione ecologica della società. Da sempre impegnato nelle vertenze ecologiste e sociali .

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