Il nostro paese non ha tratto nessun insegnamento dalla pandemia e continua a tagliare i fondi destinati
alla sanità. Se raffrontiamo le risorse destinate dal nostro governo alla sanità con quelle di altri paesi
europei, emerge che esse sono veramente esigue.
In Germania, per ogni cittadino, si spende quasi il doppio di quanto spenda l’Italia, ma anche le altre nazioni europee quali Francia, Gran Bretagna e paesi del Nord Europa ci superano abbondantemente.
Solo tra il 2008 e il 2019 la spesa sanitaria nei paesi UE è cresciuta del 34,5% in Francia, del 40,1% nel Regno Unito, dell’81,4% in Germania, mentre in Italia si attesa a un misero più 15,4%. Si sono chiusi ospedali, si è risparmiato sulle spese correnti, sugli appalti, sulle assunzioni, sulla ricerca, non c’è capitolo del bilancio sanitario che non sia stato investito da riduzioni di spesa e disinvestinenti veri e propri.
Negli ultimi vent’anni le risorse destinate alla Pubblica Amministrazione in Italia sono state assai inferiori a quelle investite dagli altri paesi europei che – evidentemente – ritengono che i servizi pubblici rappresentano un vero e proprio investimento e non un fattore di costo. Ma è soprattutto il settore della sanità che in Italia è il capro espiatorio da consegnare alle politiche di austerità e del contenimento della spesa pubblica.
A pagare i costi di questi enormi tagli ovviamente sono le classi sociali meno abbienti che non possono permettersi di ricorrere alla sanità privata ed, infatti, le spese per la cura e la prevenzione sono quelle soggette a maggiori tagli nei bilanci familiari.