IL MELONI PENSIERO ED IL CLIMA

di Pino D'ERMINIO

Giorgia Meloni si è recata fino a Baku, in Azerbaigian, per tenere un discorso di cinque minuti, con il quale ha squalificato la stessa Cop29, alla quale stava partecipando. L’attacco della Meloni è incardinato su tre argomenti: 1) approccio pragmatico e non ideologico; 2) neutralità tecnologica; 3) fusione nucleare.

Il primo argomento deriva da un uso semantico improprio del termine “ideologico”, come sinonimo di dogmatico ed astratto. In realtà l’ideologia è la razionalizzazione della visione che ciascuno di noi ha di se stesso e del mondo, fisico e sociale, che ci circonda. In quanto tale, l’ideologia costituisce le fondamenta stesse della politica. Poiché i punti di vista di ciascuno di noi sono soggettivi, storicamente esistono e coesistono più ideologie e dunque una pluralità di posizioni politiche e di sistemi valoriali. L’ideologia, o meglio, le ideologie sono connaturate alla vita sociale e proprio per questo vanno considerare con costante spirito critico, in quanto per loro natura non nascono in un ambiente sterile di laboratorio, ma dal brulicare delle vite umane. In questo inizio di XXI secolo nell’area geo-politica dominata dagli USA la vulgata mainstream parla di fine delle ideologie, semplicemente perché l’ideologia prevalente è quella neoliberista, che pretende di accreditarsi come sistema socio-economico assoluto e finale, giusto per natura. Appunto questo sostiene Meloni. Essa derubrica le minacce dovute al riscaldamento globale ad allarmi cervellotici (“ideologici”, nel suo lessico), in contrasto con le esigenze pratiche del capitalismo neoliberista, queste sì da mettere al primo posto, subordinando le persone e la natura.

Il secondo argomento si avvale di una mistificazione linguistica, affinché il popolo non capisca di cosa si parla. L’espressione “neutralità tecnologica”, vuol dire che la politica e men che meno i cittadini non devono mettere becco nelle scelte tecnologiche riguardanti il settore energetico. I governi devono essere “neutrali”, devono farsi da parte e lasciare che sia il mercato, cioè le multinazionali dell’energia, a decidere su quali tecnologie puntare. In un mondo in cui c’è sempre più fame di energia ed aumenta l’inquinamento da CO2, uno dei doveri principali di qualunque governo è di orientare la politica energetica. Invece si pretende che i governi rinuncino a tale diritto-dovere. La cosa assurda è che tale tesi è sostenuta anche da personalità politiche e di governo, non solo Meloni, ma anche von der Leyen, Draghi e gran parte degli attuali governanti dei paesi appartenenti all’impero USA.

Il terzo argomento ha lo scopo retorico di depotenziare l’allarme climatico. Non c’è da preoccuparsi più di tanto, perché – secondo Meloni – sta per arrivare la fusione nucleare, che fornirà tutta l’energia che servirà, ad inquinamento zero. Per dirla con una metafora calcistica, Meloni ha buttato la palla in tribuna. Sulla fusione nucleare controllata i fisici stanno lavorando da più di mezzo secolo ed hanno nel frattempo realizzato macchine sperimentali in grado di realizzarla. La macchina su cui si sta lavorando maggiormente si chiama tokamak ed è stata inventata in URSS negli anni ’60 del XX secolo. Il tokamak ha la forma di una ciambella (toroide) di acciaio, circondata da magneti potentissimi; all’interno viene introdotto il combustibile, che, portato a temperature elevatissime, raggiunge lo stato di plasma, cioè di un gas ionizzato sensibile al campo elettromagnetico generato dai potenti magneti, che lo mantiene a distanza dalle pareti della ciambella, che altrimenti brucerebbe. Enfaticamente si sente dire che il processo di fusione nucleare è lo stesso che avviene nelle stelle, come il nostro Sole. In realtà ci sono delle similitudini, ma anche delle differenze. Il Sole brucia idrogeno, ma per portarlo allo stato di plasma nel tokamak bisognerebbe raggiungere temperature tecnicamente impossibili. In alternativa si utilizza una miscela di due isotopi dell’idrogeno, il deuterio ed il tritio, che raggiungono lo stato di plasma a “soli” 10 milioni di gradi Kelvin. Per far funzionare il tokamak occorre spendere enormi quantità di energia per produrre artificialmente il deuterio ed il tritio, per portarli a 10 milioni di °K, per alimentare i magneti. Nei reattori sperimentali fino ad ora si è spesa più energia di quanta ne sia stata prodotta ed inoltre essi hanno funzionato per tempi dell’ordine di un secondo o meno, altrimenti sarebbero andati a fuoco. La sfida è quella di realizzare una macchina che possa lavorare per tempi più o meno lunghi e che fornisca più energia di quanta ne consumi. Attualmente è quasi ultimato in Francia il reattore sperimentale ITER, nato da una collaborazione internazionale (Italia inclusa) per risolvere appunto le attuali difficoltà. È in gestazione un secondo reattore, chiamato DEMO, che – grazie ai risultati ottenuti con ITER – sarà il prototipo di un reattore utilizzabile commercialmente. L’avvio di DEMO è atteso per il 2050. Se tutto andrà bene, bisognerà lavorare ancora per portare il costo dell’energia da fusione nucleare a quello delle rinnovabili, il che richiederà altri anni. In conclusione, l’energia da fusione nucleare potrà essere tecnicamente ed economicamente disponibile verso la fine di questo secolo. Il richiamo tranquillizzante di Meloni è del tutto fuori luogo, in quanto l’emergenza climatica è già drammaticamente presente e peggiorerà con crescente rapidità, se non ci mettiamo un freno adesso.

Autore

  • Giuseppe (detto Pino) D’Erminio è nato a Termoli il 26 aprile 1950. È laureato in Economia e commercio. Fino al 2016 ha lavorato nel settore assicurativo, area marketing, presso direzioni di compagnie e come consulente. Ha aderito al Manifesto ed al Pdup, quando furono costituiti. Successivamente è stato delegato sindacale per alcuni anni nel Consiglio d’azienda dell’impresa dove lavorava. Negli ultimi anni ha collaborato e collabora tuttora con associazioni e gruppi civici.

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