San Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei politici, seppe testimoniare fino al martirio la «dignità inalienabile della coscienza». Pur sottoposto a varie forme di pressione psicologica, rifiutò ogni compromesso e senza abbandonare «la costante fedeltà all’autorità e alle istituzioni legittime» che lo distinse, affermò con la sua vita e con la sua morte che «l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale»
Molti politici hanno incarnato questo sentimento, spesso inconsapevolmente, spesso da non credenti. Il cristiano è chiamato a sporcarsi le mani, a camminare per le vie del mondo, pensiamo a Gesù quando esortò gli apostoli: «andate!». Lo stesso invito che il sacerdote rivolge ancora oggi ai fedeli al termine della Santa Messa.
Questa premessa per introdurre l’intervista rivolta a Don Antonio Di Lalla, un sacerdote che conosce le “strade” del Molise, che cerca di comprendere le difficoltà della società contemporanea, di interpretare e vivere il Vangelo, così come tanti altri e altre persone consacrati/e, ma con la differenza che lui non rinuncia alla manifestazione del suo pensiero politico.
Don Luigi Sturzo è stato forse l’ultimo religioso ad aver assunto ruoli politici di notevole rilievo, tanto da ispirare una classe dirigente intera che ha governato il Paese fino agli anni ’80 del secolo scorso. Dopo di lui, per varie imposizioni e ragioni di opportunità, con la nascita della Repubblica, la Chiesa e i sacerdoti, hanno scelto di agire da dietro le quinte della politica nazionale e locale, prendendo a riferimento la Democrazia Cristiana, erede dei Popolari di Sturzo. Ora appare desueto e inopportuno l’impegno politico, in termini di contributo ideale, di un sacerdote come Don Antonio. Gli amici lo stimano, i fedeli non lo comprendono, gli avversari lo temono, ma lui si imbatte nella costituzione di un movimento civico (con molti ex della politica) e pronuncia il suo grido di battaglia, provocatorio, ma senza ambiguità (almeno da parte sua).
Don Antonio, anni addietro a Bonefro lessi sul sagrato della chiesa dedicata a San Nicola, un telo con su scritto “Io ospito i clandestini e tu?”, mi piacque molto quel messaggio provocatorio, mi dissero alcuni residenti che era lei il parroco, questi suoi parrocchiani lo dissero un po’ divertiti, ma non in segno di sfottò, erano semplicemente dei comunisti che grazie a lei si erano avvicinati alla parrocchia. La provocazione è il sale della sua missione?
A fine luglio 2009 il governo introdusse il reato di immigrazione clandestina per aggravare la già iniqua “Bossi-Fini”, davvero troppo e insopportabile per tutte le persone di buona volontà, tanto più per il cristiano che scommette la sua esistenza su quel Cristo che ci giudicherà su “ero forestiero e mi avete accolto” (vangelo di Matteo 25,35). Lo striscione, affisso nell’agosto successivo, voleva essere una forte provocazione, passibile di denuncia per istigazione contro la legge dello stato, per ricordare che su questa terra nessuno può essere considerato clandestino perché tutti abbiamo diritto di cittadinanza. Creò dibattito e confronto all’interno della comunità e fuori.
Spesso critica in modo aspro, ma schietto, il modo di amministrare la Regione Molise, cos’è più dannoso tra l’incompetenza e il pressapochismo?
Grazie alla rivista la fonte, che mi onoro di dirigere, nata a seguito del terremoto del 2002, che porta nella testata periodico dei terremotati o di resistenza umana, continuamente ci troviamo a contestare la gestione della cosa pubblica in Molise e non solo, perché incompetenza e pressapochismo degli amministratori vanno di pari passo, con risultati sotto gli occhi di tutti, e a proporre alternative necessarie per uno sviluppo sostenibile della regione. Ancora oggi gli artefici della catastrofe osano riproporsi come coloro che hanno le soluzioni pronte. Al danno segue la beffa. Abbiamo purtroppo una classe politica inadeguata al futuro del Molise.
Buona parte dei sacerdoti in Molise si è interessata di politica schierandosi con il vincitore, tale scelta non ha mai fatto discutere, come se il potere temporale della chiesa avesse una direzione obbligata da seguire; poi arriva lei e un po’ come accade a Papa Francesco, viene tacciato di essere un irriverente, magari ribelle e comunista, ma le chiacchiere non la preoccupano. Qual è il suo rapporto con le gerarchie ecclesiastiche?
Senza voler giudicare le scelte dei miei confratelli preti, io ritengo che il Vangelo debba essere incarnato nel contesto storico in cui viviamo. Se Cristo si fosse preoccupato di non dare fastidio sarebbe morto tranquillamente di vecchiaia! A noi ha chiesto di essere sale della terra e il sale deve sciogliersi fino a perdere la propria identità per dare sapore, purtroppo brucia sulle ferite della società e della storia. Papa Francesco è venuto a restituirci la freschezza del vangelo, l’attualità del Concilio Ecumenico Vaticano II, vuole insomma una chiesa in uscita, ospedale da campo con i pastori che abbiano addosso l’odore delle pecore! Il mio sforzo non è quello di essere ben accetto alle gerarchie o ai governanti ma di inseguire unicamente la fedeltà al vangelo e mi sforzo, come diceva un grande pastore protestante, Karl Barth, di avere in una mano la bibbia e nell’altra il giornale.
Lei non ha nascosto le sue simpatie per Domenico Iannacone. La personalità del giornalista e quello dell’uomo privato, coincidono nella figura di Iannacone?
In questi anni, prima come rivista e poi come associazione Molise Domani, in un confronto continuo con le persone, abbiamo enucleato un programma di sviluppo possibile per la regione e, poiché programmi nuovi hanno bisogno di persone nuove per dare discontinuità a una cattiva amministrazione della cosa pubblica, abbiamo individuato in Domenico Iannacone, non l’uomo della provvidenza destinato a fallire come tutti quelli che si propongono per tali, colui che per storia personale e impegno civile e sociale potesse rappresentare il valore aggiunto per il prossimo quinquennio. Dobbiamo essere e sentirci militanti, non militonti!
Perché secondo lei incontra ostacoli il nome di Iannacone nell’area neo progressista?
I partiti purtroppo fanno spesso fatica a rinnovarsi, sono chiusi nel loro mondo, a volte perdono il contatto con la società reale. Far convergere tutti su un nome estraneo al loro mondo non è facile, ma non disperiamo. Solo scommettendo su persone nuove e programmi compatibili con il nostro ambiente si potrà avere la certezza di chiudere con quanti stanno governando il Molise. Le destre molisane scenderanno in campo con tante promesse campate in aria ma facili specchio per le allodole ecco perché bisogna essere uniti e innovatori. Il Molise può davvero cambiare, ma solo se lo vogliamo veramente.
2 Commenti
Ben fatto Nicola. Complimenti.
Un caro saluto Oliver
Come sempre non posso che condividere ciò che scrivi. Chiaro, puntuale e preciso