“IL PIZZO NON SI PAGA”: A TRENT’ANNI DAL SACRIFICIO DI LIBERO GRASSI È IL TEMPO DI FARE LA SCELTA DELLE SCELTE

di Giuseppe LUMIA

Libero Grassi fece una scelta: il pizzo non si paga, è la rovina delle imprese. Un imprenditore libero non si mette sotto il giogo dei boss. È anche un dovere non finanziare di fatto le mafie nel controllo capillare del territorio, perché è così che traggono linfa attraverso le estorsioni e con quei soldi alimentano anche il loro welfare criminale.

Sono passati trent’anni, molti imprenditori hanno denunciato ma moltissimi ancora pagano. Abbiamo accumulato un’esperienza straordinaria sull’universo delle estorsioni: conosciamo le paure e i rischi che attanagliano la vita degli operatori economici, la forza ma anche i gravi limiti dello Stato, le difficoltà cui si va incontro dopo aver denunciato e le potenzialità della promozione del consumo critico che supporta gli imprenditori che denunciano. Ma le mafie non mollano e in molti territori la stragrande maggioranza ancora non sceglie la libertà e si lascia soggiogare dalle mafie.

È possibile fare un salto di qualità nella lotta alle estorsioni? Penso di sì. Penso che l’esempio di Libero Grassi, che è stato seguito da migliaia di imprenditori, può diventare adesso il motore di una scelta in grado di scatenare una guerra senza precedenti alle mafie delle estorsioni, contenendo al massimo i rischi e portando su questa strada milioni di piccoli e grandi esercenti commerciali, artigianali, turistici, aziende agricole e della pesca, insomma tutto il mondo produttivo, in modo da vincere definitivamente la sfida contro le mafie delle estorsioni.

È una scelta che comporta una decisione parlamentare e di Governo, condivisa e matura: bisogna rendere la denuncia obbligatoria. Ecco il perno della nuova scelta. Solo così l’operatore economico può fare spallucce di fronte alla richiesta estorsiva, “scaricando” sullo Stato una scelta che spersonalizza qualunque volontà, come si è fatto quando sui sequestri di persona si è neutralizzato questo lucrosissimo e drammatico affare delle mafie di allora bloccando il patrimonio delle famiglie dei rapiti.

A quel punto la convenienza si sposta automaticamente verso la denuncia, perché il meccanismo potrebbe essere il seguente: se denuncio, per tre anni non pago le tasse e lo Stato mi premia con un fondo perduto automatico, in base agli scaglioni del mio fatturato; se pago, invece, incappo in una sanzione amministrativa peggiore di qualunque misura penale, l’attività mi viene chiusa per sei mese e nei casi più gravi per un anno e, se rimango fermo nell’omertà, rischio anche sul piano penale perché mi può essere contestato il reato di favoreggiamento.

Se vogliamo, insomma, evitare che passino altri trent’anni dall’omicidio di Libero Grassi senza sferrare il colpo decisivo, dobbiamo andare al cuore del problema e agire di conseguenza.

Naturalmente altre tre questioni vanno a corredo di questa scelta principale:

1) Bisogna sburocratizzare ulteriormente il sostegno agli imprenditori che denunciano: troppi vincoli, troppi passaggi, troppi mesi prima che si arrivi al ristoro.

2) Chi rischia non può essere protetto per poco tempo e poi mollato e lasciato solo, dopo aver esposto l’operatore nei processi in testimonianze rischiosissime e coraggiosissime. Le mafie non dimenticano e lo Stato deve essere pertanto pronto a proteggere per sempre chi si è esposto.

3) La cultura della libertà di Libero Grassi deve diventare parte integrante dei corsi che si organizzano nelle camere di commercio per il rilascio della licenza necessaria per aprire l’attività. Oltre alla formazione tecnica, bisogna fornire anche questo tipo di formazione, che vale moltissimo per preparare l’imprenditore sia sul piano psicologico sia sul piano operativo a questo possibilissimo impatto.

Libero Grassi aveva compreso tutto e agì di conseguenza. Adesso spetta sia al mondo economico sia allo Stato dimostrare che anch’essi hanno capito tutto e sono pronti a fare quello che non si è mai fatto finora per battere così sul serio le mafie nel territorio, dove una vittoria di questo tipo avrebbe un valore di portata inestimabile

Autore

  • Giuseppe LUMIA

    Giuseppe Lumia, detto Beppe, è un consulente di impresa ed un politico italiano. Per diversi anni Presidente nazionale del MOVI (Movimento di Volontariato Italiano) è fra i maggiori promotori in Italia del Terzo Settore Sociale. Deputato della Repubblica dal 1994 al 2008 e, poi, Senatore fino al 2018 ricoprendo dal 2000 al 2001 il ruolo di presidente della Commissione parlamentare antimafia.

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