LA BALENA DI PINOCCHIO: UNA STORIA DI RESPONSABILITÀ PER L’ARCHITETTURA DEL DOMANI

di Veridiana ALTIERI

Il dibattito sull’ecologia in ambito architettonico non può ridursi ad uno slogan che si logora nella retorica ambientalista.

L’edilizia punta da sempre su strutture con un potenziato ciclo di vita ma la resilienza di una costruzione non è di per sé un fattore sufficiente a decretarne la sostenibilità.

Allo stesso modo, il beneficio che deriva dall’impiego di materiali naturali è imprescindibile dalla capacità degli stessi di poter essere reperiti a livello locale.

I cambiamenti climatici degli ultimi anni, i disastri ambientali ed ora anche la guerra per l’energia, impongono una riflessione su tutte quelle pratiche costruttive che ancora oggi intervengono invasivamente sulla geografia del territorio e che, se da una parte conducono inevitabilmente ad uno spreco di risorse, dall’altra vanno ad incidere in maniera fortemente negativa sul benessere degli abitanti del luogo.

Forse non tutti sapranno che i cantieri sono responsabili per il 38 per cento delle emissioni totali di gas serra, mentre il cemento, da solo, contribuisce per ben l’8 per cento alla decimazione del nostro ecosistema (report pubblicato dall’associazione “United Nations Environment Programme”).

L’architettura del domani è dunque non più solo longeva, ma rigenerativa, adattiva; è in grado cioè di interagire con l’ambiente circostante e le persone che lo abitano.

L’architettura del domani è un’architettura che ha rispetto della radice di un albero, di un terreno impervio.

Ѐ un’architettura guidata in ogni suo passo dalla natura, che sperimenta il recupero in loco e che tiene conto della salute dei cittadini e delle loro mutate esigenze di abitare la città.

Le case non sono più un semplice involucro ma, integrando tecnologie domotiche adeguate, un vero e proprio sistema in grado di rispondere a qualsiasi stimolo esterno. Gli edifici diventano luoghi dove la fusione tra vita indoor e outdoor è resa possibile dall’inclusione del verde nella struttura e dal recupero di materiali esistenti attraverso la mediazione costante tra artigianato ed architettura. 

Un esempio calzante di questo nuovo modo di costruire è il Nido d’Infanzia a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, progettato da Mario Cucinella in sostituzione delle precedenti due strutture comunali, Pollicino e Rondine, andate distrutte durante il Terremoto dell’Emilia nel maggio del 2012.

Il Nido d’Infanzia a Guastalla, ribattezzato La Balena per le ondulazioni che ricordano simpaticamente il ventre del grande animale marino di Pinocchio, occupa una superficie di 1400 metri quadrati e può ospitare fino a 120 bambini.

La Balena è l’asilo del domani. Costruito con legno riciclato, materiale perfettamente coibentante, è dotato di un congegno per la raccolta dell’acqua piovana. Le riserve sono poi utilizzate per l’irrigazione del giardino annesso dove, tra un’incredibile varietà di piante aromatiche, si apre un vero e proprio percorso di esperienze sensoriali. La presenza di un impianto fotovoltaico e di un sistema canalizzato di riscaldamento a terra completano la capacità dell’edificio di rispondere autonomamente a gran parte delle sue esigenze energetiche.

Ma è l’uso ottimale delle trasparenze e delle grandi pareti vetrate il vero segno distintivo di questo ambiente che, inondandosi magicamente di luce naturale, riduce al minimo il ricorso all’illuminazione artificiale.

Una scuola antisismica progettata con una grande attenzione alla funzione educativo-pedagogica degli spazi dove i bambini, avvolti metaforicamente in un grande abbraccio, diventano protagonisti di una storia in continuità col paesaggio che li circonda.

Il Nido d’Infanzia a Guastalla è l’archetipo di un luogo tanto tecnico quanto naturale, una struttura dalle linee organiche in perfetta armonia col sito e che ci dimostra come, nel concreto, è possibile minimizzare l’impatto complessivo della nostra impronta.

Le tematiche ambientali sono ormai il fulcro del progetto contemporaneo ma fare architettura sostenibile non significa solo diminuire i consumi, rispettare le preesistenze e costruire a km 0. L’architettura green sa gestire un’edilizia sempre più attenta ai suoi abitanti, sa definirne i comportamenti corretti ed è capace di anticiparne delle precise necessità.

La transizione ecologica verso una totale decarbonizzazione delle nostre economie è in continua evoluzione e quello che possiamo augurarci è che questi non siano solo i timidi segni di un futuro lontano, ma le premesse per un presente ottimista che estenda la nuova architettura ad interi quartieri, alla città tutta per un benessere collettivo che rimodelli il nostro stile di vita, valorizzi ogni piccolo gesto e ci renda consapevoli delle nostre responsabilità.

Autore

  • Veridiana ALTIERI

    Veridiana Altieri si forma come designer di moda presso l'Istituto Marangoni di Milano e approfondisce in seguito lo studio del design di prodotto e della comunicazione. Impegnata da sempre nel sociale, si interessa ai temi dello sviluppo sostenibile ed al ruolo dell'industria nell'ambito dei settori creativi e delle nuove tecnologie. In tutta la sua ricerca, dalla pittura all'ideazione e realizzazione di oggetti, centrale è l'attenzione per le stampe ed il colore. Attualmente vive e lavora in Molise.

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