LA DESTRA SEMBRA VINCERE, MA NON CONVINCE. LA SINISTRA PERDE FINO A QUANDO NON DECIDERÀ DI TORNARE A FARE IL PROPRIO DOVERE

di Michele BLANCO

Certo il momento sembra essere favorevole alla destra, ma la cruda realtà riguarda in particolare la
rappresentazione percentuale dei risultati elettorali, delle ultime elezioni amministrative. Bisogna stare attenti
perché al conteggio dei voti realmente espressi, tra le politiche del 2022 e le ultime elezioni regionali e comunali
registriamo che sono scomparsi oltre un milione e mezzo di elettori che a settembre avevano premiato Fratelli
d’Italia, Lega e Forza Italia, queste persone nel 2023 semplicemente non sono andate a votare.

Quindi in effetti abbiamo una tendenza elettorale dove è quasi impossibile trovare oggi un cittadino in carne ed
ossa proveniente dalla astensione o che ha votato nel 2022 formazioni politiche di sinistra e centrosinistra che abbia
deciso di convertirsi alla nuova destra, in effetti la destra non ha guadagnato elettori. Eppure il risultato elettorale
non ha appello, ma oggettivamente non c’è una destra vincente, c’è piuttosto uno smottamento sociale e politico
entro il cui vortice scompare ciò che da sempre chiamiamo sinistra, progressisti, ecologisti e socialisti.
La questione è fortemente intrecciata con “l’anomalia italiana”, ma si iscrive in un quadro molto più ampio. In tutte
le socialdemocrazie europee e, più in generale, in ogni parte d’Europa le formazioni della così detta sinistra
riformista sono in crisi elettorale e ideale. Nel 1989 queste formazioni politiche, definite anche di centro sinistra,
hanno festeggiato la caduta dell’Unione Sovietica, ma da allora hanno anche lavorato alla totale marginalizzazione
di ogni pensiero anticapitalista ed egualitario pensando di poterne raccogliere vantaggi e consensi. Il più delle volte
cercando consensi tra i moderati o cosiddetti centristi. Ma anche senza fare più politiche realmente di sinistra,
realmente riformiste e senza cercare di salvaguardare chi aveva bisogno d’aiuto. Senza preservare lo stato sociale,
la sanità pubblica in particolare. Ma nella cruda e dura realtà se non c’è in campo una critica radicale del sistema
anche i timidi tentativi di correggerlo dall’interno si indeboliscono e finiscono per soccombere. Senza una minima
ambizione alla radicale trasformazione sociale i deboli saranno sempre più deboli e chi pensa di rappresentarli
dentro le regole del mercato è destinato ad una lenta ma continua consunzione. Il risultato purtroppo è che oggi è in
gioco anche la tenuta della democrazia perché oggi “La politica non è più espressione democratica dei cittadini, che
ora sono diventati, nella migliore delle ipotesi, consumatori sia di beni economici sia di informazione manipolata e
preconfezionata”. Le scene di lottizzazione da parte del governo di destra sono sotto gli occhi di tutti e “in nessuna
teoria democratica si mette in dubbio il fatto che una delle caratteristiche di una dittatura sia il monopolio
dell’informazione” come ci insegnò il famoso politologo italiano Giovanni Sartori.

Autore

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza”, 2021. “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza”  2021.

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