Senza la politica, quella vera, che si avvale dell’analisi di una realtà o di una particolare questione non si va da nessuna parte, anzi si finisce con il diventare complici degli effetti, soprattutto di quelli più disastrosi per il futuro di una realtà, non importa se piccola o grande.
Parlare di bisogno crescente di energia (ieri, e ancora oggi, quella derivante dai fossili, e sempre più di energia pulita o rinnovabile) e non fare neanche un accenno alla finalità primaria di questa sua necessità e, cioè, il consumismo esasperato imposto da un sistema, vuol dire guardare il dito e non la luna. Un sistema che non ha il senso del limite e del finito tant’è che continua a depredare e a distruggere ovunque questo pianeta. Soprattutto con le azioni che stanno portando il clima a una situazione di non ritorno, come quella dell’estrazione di petrolio e di gas o le cave di carbone, ma, anche, l’agricoltura intensiva e gli allevamenti superintensivi. Come pure i conflitti e le guerre (oltre 180 quelle in atto) che sacrificano vite – siano esse umane, di animali o d vegetali – e estensioni enormi di territorio con tutt’i valori e le fondamentali risorse di questo grande tesoro, il solo che rappresenta la natura, il creato. E, non ultimo, il furto costante di questo bene primario, comune, per dare spazio a cemento e asfalto e, ultimamente, a generatori di energia grazie al vento e, con i pannelli solari a terra, grazie al sole. Un furto, non solo di territorio con i suoi paesaggi, ma di agricoltura e, con essa, di cibo che è l’atto agricolo primario, e non solo, la vera e unica energia rinnovabile vitale. Seguendo le discussioni sul tema delle energie rinnovabili, così di moda, nessuno – a partire dalle associazioni ambientaliste – fa riferimento al cibo ed alla sua agricoltura o, con l’offshore, alla pesca.
Neanche la presidente dell’Unione europea, Ursula Von der Leyen, la signora della Farm to Fork, che ha dichiarato tutto il suo entusiasmo per le scelte, di queste ore, dell’Ue che punta su questo tipo di energia. Come a voler sottolineare la sua piena e convinta adesione al neoliberismo della banche e delle multinazionali che vive del consumismo e, soprattutto, delle guerre in atto in Ucraina e, quella ultima, che ha trovato una sua escalation in Israele e Palestina. Una premessa necessaria per dire che la politica, quella vera, non della mediazione ad ogni costo che genera ambiguità, affronterebbe, com’è stato fatto con il capitalismo, il tema del sistema e della sua natura per spiegare gli effetti che, oltretutto, sono sotto gli occhi di tutti. Vedi il clima, con la siccità per il caldo prolungato e le alluvioni per le piogge torrenziali improvvise. Le persone non sono assenti, ma solo non informate e, quando lo sono, confuse nel momento in cui leggono un documento con la giustificazione che la sua realizzazione serve per non sacrificare i terreni del Basso Molise ai pali eolici e ai pannelli solari. In pratica, però, assecondano il sistema delle banche e delle multinazionali che fa affari con i fossili, l’agricoltura e gli allevamenti intensivi e, anche, con la produzione e l’installazione, oggi, dei generatori di energia eolica e solare, e, domani, con lo smaltimento degli stessi strumenti obsoleti. Tutto per alimentare il consumismo, e, tutto a spese del territorio e della natura, a partire dalla biodiversità, che è vita. Una giustificazione, quella prima riportata, che confonde le idee e, come tale, non rende non credibile la proposta, aumenta solo il disinteresse delle persone e, con esso, la lotta che serve per bloccare un processo dannoso per tutti e che apre a un domani diverso dove il dio non è più il denaro, ma quello dei valori sociali, politici, economici che producono benessere e pace per tutti. Una mediazione perdente , visto che domani, i molisani di terra e di mare si ritroveranno con un orizzonte marino chiuso da pale che girano e un territorio, dal Saccione al Trigno, scoperto da strumentazioni che rubano per sempre, con la terra fertile, la bellezza e le bontà di un Molise . La regione che, solo se punta sulla sua “arretratezza”, ha tutto per diventare un laboratorio e, come tale, esempio di un Paese unico, invidiato dal mondo. Un Paese che, con la moda e l’arte, vanta i suoi primati in quanto a biodiversità, eccellenze agroalimentari, bontà di una cucina che è tanta parte del primato che vive la Dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’umanità.
Che fare? Riappropriarsi della politica e entrare in contatto con le persone per diffondere la capacità di analisi e, con essa, la comprensione della causa o delle cause che, se non contrastate, rubano il domani alle nuove generazioni. Sta qui la sola possibilità di portare a lottare e a vincere il Molise, la farfalla che ha solo tanta voglia di volare. La politica, quella vera, la stessa che, nel 2013 – di fronte all’annuncio di una bomba ecologica nel Basso Molise, la stalla di 100 ettari della Granarolo pensata e progettata per 12 mila manze – ha saputo informare i molisani e renderli protagonisti di una grande vittoria contro una multinazionale (un tempo consorzio di cooperative) che aveva avuto approvato, dall’allora governo Letta, il progetto. Ed è grazie a quella vittoria che il Molise ha continuato ad esserci con i molisani ancora in grado di respirare aria pulita, di godere delle acque del proprio fiume e del proprio mare, della bontà del proprio cibo. La politica, quella stessa che ha portato il fanciullo Davide a sfidare e battere il gigante Golia.