LE DESTRE SI POSSONO BATTERE, BASTEREBBE ESSERE VERAMENTE DI SINISTRA

di Michele BLANCO

La prospettiva politica per la sinistra italiana nei prossimi anni deve avere come priorità strategiche la conversione ecologica e la lotta contro le diseguaglianze. Sembra un ragionamento più che ovvio ma considerando che la sinistra, soprattutto quando ha governato, negli ultimi decenni, ha portato avanti politiche fortemente influenzate dall’ideologia dominante: il neoliberismo. Si è persino arrivati ad affermare, rinnegando la realtà, che il “neoliberismo è di sinistra” confondendo modelli politici e sociali agli opposti, inconciliabili sia storicamente che logicamente ma anche per il rispetto della persona umana. Semplicemente per questo motivo la sinistra non è stata più percepita come tale, soprattutto dai suoi tradizionali elettori.

Dagli anni Ottanta del secolo scorso la sinistra ha assistito con poca reale attenzione, forse addirittura con un forte senso di impotenza, all’enorme aumento delle diseguaglianze, salariali e sociali, oltre all’aumento dell’inquinamento ambientale prodotto inevitabile del capitalismo liberista che senza nessuna regola di controllo democratico ha fatto tutto il profitto possibile senza curarsi delle nefaste conseguenze. Questo è accaduto in tutto il mondo, come la realizzazione di uno schema idealtipico descrittivo di un fenomeno sociale prestabilito di weberiana memoria. Anche i presunti dirigenti politici dei partiti di sinistra hanno, sempre più, acquisito frequentazioni e valori in contrasto estremo con la tradizione di sobrietà tipica dei loro predecessori, in Italia si sente sempre più la mancanza di una figura politica e morale come Enrico Berlinguer, contribuendo a perdere legittimazione politica da parte di coloro che avrebbero dovuto rappresentare e difendere. Finalmente, negli ultimi anni, l’ideologia liberista è entrata in crisi, viene messa in discussione, da più parti, anche se molte volte, più che dalla sinistra ormai troppo moderata, da politici populisti con posizioni isolazioniste e neo-protezioniste. Ma questo contribuisce a diffondere idee che ci portano a pensare che l’ultraliberismo senza freni non sia l’unica via politica, sociale ed economica percorribile.

La sinistra deve cominciare a proporre e mettere in atto politiche che, tenendo conto della situazione reale, della nuova dimensione globale e sovranazionale, dei problemi sociali e ambientali, in primis, contrastino le diseguaglianze in modo forte, chiaro e riconoscibile. Anche tenendo in considerazione che la nuova classe lavoratrice globale non è più solo quella fordista e delle lotte collettive, ma quella atomizzata della precarietà del mondo digitale, degli algoritmi, della logistica e dei servizi del terziario non sempre avanzato. La nuova politica deve proporre ai lavoratori tutele e unità di intendi, come, ad esempio, fare approvare, prima possibile, una legge per il salario minimo adeguato e dignitoso. Solo cosi le destre si possono battere, se si resta uniti e si difendono gli interessi dell’elettorato popolare, che resta numericamente, anzi aumenta di numero con l’aumentare delle povertà, sempre la maggioranza assoluta dei cittadini. La sinistra italiana può imparare dalle elezioni ultime in Spagna e Francia.

Dalla Francia si potrebbe imparare che quando incombe il pericolo della destra, là impersonificato da Marine Le Pen, le forze democratiche e antifasciste fanno fronte comune e di solito riescono a vincere, purtroppo accontentandosi del meno peggio ma comunque non lasciando spazio a governi corporativi e xenofobi. 

Ma ancor di più l’esempio viene dalla Spagna dove è evidente che la sinistra sfonda nell’elettorato di sinistra quando al governo si fanno politiche di sinistra con programmi di sinistra. Anche contro i sondaggi preelettorali che davano le destre estreme vincenti. Milioni di elettori spagnoli si sono mobilitati e hanno votato chiaramente per l’aumento del salario minimo, per i contratti di lavoro stabili, per la tassa sugli extraprofitti di banche e colossi energetici, per i diritti sociali. Sumar (ovvero l’alleanza dei partiti di sinistra) e Yolanda Díaz Pérez sono stati determinanti nel fermare l’avanzata dei franchisti, soprattutto nelle zone più popolari e nelle periferie delle città. Quando la sinistra protegge i diritti sociali, come deve fare, sempre, i risultati si vedono. Questo è il messaggio che le ultime elezioni politiche spagnole ci hanno evidenziato e questo messaggio vale per tutte le nazioni al mondo.

Il tema da evidenziare, da non sottovalutare mai, è che le leggi elettorali fanno la differenza.

In Francia il maggioritario a doppio turno consente i rassemblement frontisti contro le destre estreme, mentre in Spagna un proporzionale pure un po’ complicato dalla presenza di partiti autonomisti e localistici, fa sì che le forze politiche possano presentarsi con le loro caratteristiche. In Italia invece le leggi elettorali, che spesso sono cambiate, diventando, sempre più, un combinato disposto, che permette di eleggere personale politico scelto a priori dalle segreterie e dalle correnti di partito, tutto questo ha portato a strani risultati.

Mentre la riconosciuta capacità di un chiaro sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento alla svedese porta i partiti a mantenere la propria identità. Nei paesi scandinavi i partiti di sinistra mantengono i loro programmi di governo su forme di redistribuzione più incisive, tanto che la Svezia è la nazione al mondo con meno disuguaglianze.

Queste erano, in fondo, le intenzioni dei nostri padri costituenti: permettere ai partiti e alle coalizioni di potersi fronteggiare rispettando i limpidi poteri dello Stato, perfettamente bilanciati nel disegno della Costituzione. La formula proporzionale rappresenta la soluzione più adeguata, se non addirittura quella obbligata per evitare di pregiudicare l’accesso alla rappresentanza parlamentare e favorire così il pluralismo, specialmente oggi che, in Italia, registriamo altissime percentuali di non votanti. 

Autore

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza”, 2021. “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza”  2021.

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