Cara Elly,
ti scrivo questa lettera in forma pubblica, aperta, perché rileggendola mi sono reso conto che, mentre mi rivolgo a te, so che le persone che vorrei convincere sono altre: molte anche nella mia cerchia.
Sono anch’io tra i tanti che hanno molto apprezzato la tua diretta FB. L’approccio che hai usato è quello giusto: “troviamoci insieme”, non “andiamo dove vi dico io”. Non hai disegnato il punto di arrivo ma l’identikit dei compagni di viaggio. Hai fatto benissimo a farti avanti: siamo in un momento in cui tutti e tutte dovrebbero farlo. Chiunque abbia a cuore le sorti di questo paese … e della sinistra che sola può salvarlo (magari non fosse così, non è il solito, altezzoso senso di superiorità della sinistra ma un prender partito, con la testa oltre che con il cuore).
Certamente, dobbiamo prendere atto che molti ancora insistono a cullarsi nella speranza che si faccia avanti qualcuno in grado di guidarci verso la meta agognata. E che molti si sentono legati a un partito con un senso di appartenenza che si spiega con l’idea che solo in quella comunità si possa trovare la soluzione. Però ci stiamo accorgendo che sono sempre più numerose le persone che, pur restando iscritte a uno dei numerosi partiti in cui è frammentato il “popolo di sinistra”, pensano che ci si debba aprire proprio come tu inviti a fare.
Per queste persone, del resto, il partito non offre più nessun ambito di impegno di un qualche interesse e preferiscono dedicarsi ad attività con forte valenza politica nel vasto mondo del “sociale organizzato”. Dove però è prevalso finora il rifiuto di muovere anche solo un dito a favore di una costruzione politica e si preferisce restare confinati nell’ambito di un rapporto puramente negoziale con soggetti politici considerati del tutto estranei. La delusione è comprensibile, per una politica ridotta a mero esercizio del potere per esclusivo interesse personale: il guaio è che sfocia nella delega, nella rinuncia, infine nell’indifferenza. Ma ho la netta sensazione che questa fase di grandi sommovimenti, in cui “nulla sarà più come prima”, stia incoraggiando tentativi più coraggiosi e più aperti anche in questa vasta area che sarà decisiva: trovo di grande interesse, in questo senso, l’iniziativa “per una società della cura” e il Recovery PlanET a cui ora è approdata.
Detto tutto questo – vengo al dunque – si pone secondo me un problema pregiudiziale, dirimente. Si deve andare oltre i confini delle formazioni esistenti ma non sembra vi siano le condizioni perché nessuna di queste possa mettersi in gioco fino a rinunciare alla propria esistenza (del resto sono parte di un sistema che le ha infine configurate come chiuse e non scalabili, come ha dimostrato anche il tentativo in cui siamo stati impegnati entrambi dopo essere usciti dal PD).
Al momento non possiamo sapere con quali regole si giocherà la sfida che vogliamo vincere (perché hai ragione sacrosanta quando poni questo come orizzonte prossimo e non qualcosa in meno). Non sappiamo quale sarà la soglia di ingresso, se saranno premiate le coalizioni, se ci saranno collegi uninominali, e così via. Ma una condizione deve essere soddisfatta indipendentemente da queste incognite: il popolo con cui dovremo ritrovarci deve poter essere realmente sovrano.
Se non sarà lo statuto di un partito (l’unico segnale di cambiamento in questa direzione viene dal lavoro che i 5S stanno assegnando a Conte, tutto da scoprire e con cui confrontarsi) dovrà essere lo statuto di un’area plurale che si dà una regola comune di democrazia garantita a un popolo unico. Ricorderai che questa delle regole e dei poteri è un po’ una mia fissazione, il tempo mi ha rafforzato in questo “vizio” e mi ha convinto che questo passaggio è ineludibile. E continuo testardamente a pensare che non sia affatto insormontabile.
Parliamone, alimentiamo questa ambizione. Troviamoci, come dici tu, e proviamo a ritrovare tante e tanti che sappiamo pensarla come noi, ciascuno per dove può arrivare. E tu puoi (continuare a) fare moltissimo.
Con stima ed affetto.
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