Sono passati 25 anni dalla barbara uccisione di Domenico “Mico” Geraci avvenuta nella sera dell’8 Ottobre del 1998. Mico Geraci era un sindacalista e politico siciliano che, a soli 44 anni, la mafia strappa all’affetto della sua famiglia e dei suoi amici. Mico Geraci credeva nella possibilità di liberare la sua terra dalla mafia,
nel valore del cambiamento e, purtroppo, la criminalità organizzata aveva capito che per la prima volta era in serio pericolo la sua egemonia, il suo antico radicamento nella società e nella politica. La mafia decise che era necessario rompere quella voglia di resistenza e legalità. Il pentito Antonino Giuffrè lo ha spiegato benissimo: “Se Mico Geraci fosse diventato sindaco sarebbe stato, per la famiglia di Caccamo, oltremodo difficile continuare a gestire il Comune come avevamo fatto da molti decenni. Inoltre, ciò ci avrebbe indebolito anche con gli altri Comuni del mandamento”. Il figlio di Mico ci ricorda che, ancor oggi, “gli assassini e i mandanti del delitto di mio padre restino impuniti: i segreti del passato restano ancora oggi la vera forza di Cosa nostra, ecco perché è importante svelarli se davvero vogliamo essere liberi di costruire il futuro della nostra terra, quello che mio padre immaginava”. Mico Geraci conosceva bene i pericoli di affrontare a viso aperto la mafia, ma lui non aveva paura, non l’aveva avuta quando gli bruciarono l’auto e, perciò, continuava a sognare una gestione della cosa pubblica lontana dagli interessi privati e a battersi perché la mafia fosse estromessa dalla politica e dal Comune lavorando ad un progetto di legalità e sviluppo per la sua Caccamo. É passato un quarto di secolo ma quell’idea di legalità e sviluppo rimane valida ed il lavoro culturale e politico di Mico Geraci è un gioiello che risplende ancora, dono di chi dà la propria vita per una società migliore.
