Il contrasto alle mafie non si esaurisce nel lavoro della magistratura e delle forze di polizia. La lotta alle mafie è altresì un’attività culturale di squadra, di gruppo, di unità e coesione sociale. C’è ancora tanto da lavorare. Le mafie nonostante gli sforzi e i risultati ottenuti non sono affatto state sconfitte, anzi sono più forti rispetto al passato.
Per questi motivi, reputo centrale nel loro contrasto il tema sociale, culturale e il ruolo dei giovani. È per tale ragione che è necessario diffondere nella società e soprattutto tra i giovani la cultura della legalità e dell’etica pubblica. Bisogna far capire ai tanti adolescenti il valore della conoscenza e dello studio. Come diceva il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”. Mi reco nelle scuole a parlare di mafie, di corruzione, di terrorismo e sempre più spesso anche della nostra Costituzione. Ciascuno di noi dovrebbe sentire il dovere morale di continuare a dare testimonianza dell’importanza e dell’esempio che ci hanno lasciato i tantissimi martiri delle mafie italiane. Il modo migliore di tradurre il loro sacrificio mi sembra proprio quello di stimolare i giovani rendendoli consapevoli di quanto sia importante il rispetto delle regole.
Sarebbe bello che i giovani cominciassero ad amare le persone che hanno perso la vita per la legalità così come amano l’infinito di Leopardi oppure il canto di Paolo e Francesca nella Divina Commedia. Così come un bravo docente riesce a far amare ai suoi studenti Leopardi e Dante Alighieri, allo stesso modo dovrebbe riuscire a insegnare come si possa essere dei buoni cittadini pretendendo istituzioni efficienti e una classe politica onesta. Mi piacerebbe poter far comprendere alla nostra gioventù quanto sia importante conoscere e studiare la nostra Costituzione. Raccontare loro che chi la viola oltraggia tutti coloro che per scriverla hanno perduto la loro vita.
Bisogna avere il coraggio di spiegare ai nostri ragazzi cosa sono oggi le nuove mafie. Dicendo loro la verità perché i nostri giovani sono stati troppo “protetti” dai mali del nostro secolo. Una responsabilità che abbiamo sia noi genitori, sia i professori, sia la classe dirigente di un Paese. Dobbiamo aiutarli ad assumere consapevolmente la responsabilità delle loro azioni e delle loro omissioni. Il diritto a un’educazione ai giusti valori non può più essere loro negato. Occorre insegnare loro che ogni atto che la persona umana compia, debba essere consapevole, responsabile e coerente con i propri valori e ideali. È pertanto indispensabile educare alla verità e alla giustizia. Purtroppo, sono tanti oggi quelli che parlano di lotta alla mafia, ma poi non si sporcano le mani sul campo.
Condivido totalmente il pensiero di Paolo Borsellino: “Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Sono sempre più convinto che saranno le nuove politiche sociali e culturali e soprattutto il lavoro ad infliggere un colpo mortale alle mafie e al loro consenso sociale. La scuola e il lavoro sono la medicina più efficace per provare a sottrarre le future generazioni dalle grinfie della criminalità organizzata. Dobbiamo avere il coraggio di dire ai nostri ragazzi quello che diceva Borsellino quando era in vita: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”. Da qui che occorrerà ripartire alla ricerca della verità.
Ognuno di noi può fare la sua parte in questa lotta. Da inguaribile ottimista verso le potenzialità dei nostri giovani, spero tanto che tra le nuove generazioni vi sia un nuovo Peppino Impastato o un nuovo Giancarlo Siani o perché no un nuovo Rosario Livatino.