Il governo Draghi ha ricevuto la fiducia del Parlamento. Non è la conclusione ma solo il primo passaggio di una crisi che è destinata a segnare un cambio di fase nella storia politica della Repubblica. È già successo per le crisi che in precedenza hanno visto il ricorso alla formula del “governo tecnico”: venivano da momenti di cesura netta e dovevano stabilire un nuovo ordine.
Senonché il nuovo ordine, quello della “seconda repubblica” inaugurata da Berlusconi e quello delle larghe intese senza alternativa seguito alla “cura Monti” non hanno segnato passi in avanti ma un ulteriore decadimento in cui si è anche riesumato il peggio del passato
Di questa crisi, appena agli inizi, non è vietato pensare che preluda a un cambiamento il cui segno non è già deciso. Che la pagina sia ancora da scrivere in base alle scelte degli attori in campo: che sono, in primo luogo, i cittadini.
Un primo ostacolo da sormontare è dato dalla narrazione distorta che è stata costruita sulla genesi e lo sviluppo attuale della crisi: occorre perciò cominciare con una bonifica di questo spazio inquinato. Cerchiamo allora di fare il punto sugli avvenimenti delle ultime settimane come premessa per guardare avanti.
Partiamo dal giudizio che sin dai primi commenti ha tenuto banco. È una crisi in cui, come nei precedenti analoghi, la politica è stata commissariata. Nel discorso di investitura Draghi si è detto in disaccordo con chi ha affermato che questa crisi segna il fallimento della politica: ma nulla ha potuto dire sul fatto che la politica sia stata commissariata: resta ora da chiarire che cosa questo significhi.
– La politica è stata commissariata. Da chi?
Rispondere “dai poteri forti” non significa nulla se non si chiarisce a chi ci si riferisce. Se si intende l’aggregato di padroni del vapore in declino verticale da qualche lustro, aggrappati alla proprietà semi-monopolistica dell’informazione e ai servigi di politici privi di statura politica, creati a tavolino, si è fuori strada.
La tesi che questo governo segni la vittoria di quel fronte (o, in versione talk-show, dello stratega Matteo R. e del suo sodale Matteo S.) non ha basi solide: Mattarella e Draghi non rispondono a via Solferino né a via Cristoforo Colombo o Corso Agnelli, per non parlare di Amsterdam, Cologno Monzese, Arcore e dintorni. Piuttosto, hanno i loro referenti a Bruxelles e Berlino, dove c’è gente che di quei “poteri” ha da tempo preso le misure