POLITICHE SOCIALI PER CONTENERE IL POTERE DELLE MAFIE

di Vincenzo MUSACCHIO

Le crisi economiche acuiscono la povertà che diventa l’humus ideale dove la criminalità organizzata prospera e espande il proprio consenso sociale. In molte realtà italiane il “welfare mafioso” è l’unica alternativa alla sopravvivenza. Lo Stato democratico può dirsi tale soltanto quando i diritti fondamentali della persona umana sono riconosciuti a tutti.

La democrazia di matrice solidaristico-sociale come dovrebbe essere la nostra funziona solo se si garantiscono i processi formativi essenziali (scuola e lavoro). La democrazia non funziona quando crescono le disuguaglianze e le politiche economiche e sociali sono orientate da interessi privati più che da quelli pubblici. Uno Stato che non investe sulle politiche sociali è uno Stato che difficilmente gode del consenso sociale dei cittadini.

Nel nostro Paese sta prendendo sempre più piede il “welfare mafioso”. Con la pandemia e la conseguente crisi economica sono i mafiosi ad intervenire in soccorso di imprenditori e di persone in stato di povertà, procurando loro generi alimentari, farmaci, denaro e altre utilità. Non comprendere che le politiche sociali siano antidoto efficace per lenire il veleno delle mafie significa di fatto favorirne il proprio potere ed il relativo consenso sociale.

Il potere delle mafie è alimentato dal bisogno e dall’ignoranza, dall’incapacità di distinguere e di percepire altro che non sia il proprio bisogno immediato. Questo aspetto deve far riflettere. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sarà al centro della discussione, perché l’allargamento dei diritti passa anche attraverso la lotta alle mafie e alla corruzione che impediscono di costruire quella armonia e quel senso di giustizia sociale necessario a costruire un percorso di pari opportunità per tutti.

Gli enti locali, in questo senso, possono rappresentare quei presidi di legalità e trasparenza per impedire che quel welfare di prossimità mafioso diventi un rischio per la tenuta stessa delle basi democratiche e del patto sociale su cui si fondano. Ridimensionare mafie e corruzione non significa solo repressione. La prevenzione svolge una funzione determinante in primis quando riesce ad incidere sulle cause che generano disoccupazione, analfabetismo, disagio sociale ed economico. Senza prevenzione si favorisce la mafia e ancor di più la mafiosità diffusa.

La forza delle mafie oggi risiede fuori dall’associazione per delinquere. Pretendiamone atto una volta per tutte.

Autore

  • Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

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