RIFLESSIONI E IDEE IN ATTESA DELL’ONDA DI UN NUOVO INIZIO

di Nicola OCCHIONERO

La costituzione di una nuova alleanza di centro-sinistra, meglio definita campo largo o progressista, a seconda che l’estensione sia verso i “calenderenzianioil Movimento cinque stelle, incuriosisce sicuramente gli elettori, inclusi i sostenitori delle schede bianche e nulle, ma probabilmente anche i disertori delle urne.

Mentre a destra è scontata l’unità, in nome della precipua presa del potere a qualsiasi costo, nel fronte opposto le incognite sono la ragione stessa dei documenti politici. Il centrodestra sa bene che mettere alla porta Toma è una pratica di igiene politica, un pò come quando nel pollaio, dopo la mattanza di stagione, si raccoglie la pollina e si sparge candeggina. Il centrosinistra invece deve innanzitutto superare il dualismo interno al Pd, deve digerire i veti dei Cinquestelle e deve comprendere che non ci sono medici da candidare alla presidenza, sono quasi tutti andati a lavorare fuori regione. Non mancano i nomi di rilievo, se si pensa al giornalista Iannacone, volto noto delle reti televisive nazionali, estraneo alla politica, ma non ai temi sociali, una figura che potrebbe conquistare la fiducia degli indecisi e degli incazzati, molto probabilmente difficile da condizionare.

Attraverso le interviste che seguono, proviamo a chiedere a due intellettuali d’eccezione di condividere i propri punti di vista sugli scenari nazionali e locali, da prospettive ovviamente differenti. La prima intervista è rivolta all’On. Famiano Crucianelli, politico di lungo corso, di origine molisana da parte di madre, sempre presente nella sua Casacalenda e nelle battaglie che interessano la difesa del territorio, uno che quando parla sa davvero quello che dice, misura le parole, i tempi, scorge gli sguardi degli astanti, insomma metterebbe in crisi fascisti e democristiani (se ci fossero ancora) nelle loro convinzioni più intime.

Il secondo interlocutore è l’Architetto Franco Valente, il quale dai social istruisce una intera popolazione molisana (incluso chi scrive) attraverso le sue chicche storiche e le sue disamine sui temi sociali, pubblicate su Facebook. E’ il tipo (raro) che se non ti risponde al telefono, ti richiama appena possibile e fornisce spiegazioni, come se fosse un dovere rendere conto dei fatti propri, ma è naturalmente educato; ama la bellezza dei paesaggi e l’estetica urbana dei borghi, ma non tollera la schiera di incompetenti che abita le istituzioni e i partiti.

Onorevole Crucianelli, lei è tra i pochi molisani ad aver maturato esperienze politiche di notevole rilievo e in un periodo storico che sembra essere troppo lontano e differente dal modo attuale di fare politica, caratterizzato dalla pochezza d’animo e di ideali e da molti politici in voga, quasi come attori o soubrette. In pochi mesi è accaduto qualcosa di nuovo, un presidente e una segretaria di partito donne, la classe politica italiana sta diventando meno maschilista o più semplicemente si è “esaurita la spinta propulsiva” degli uomini?

E’ un quesito interessante, e in apparenza contraddittorio. Contraddittorio, perché mentre emergono nuove figure nei vertici della politica, al pari tempo dalla società vengono molti segnali inquietanti che testimoniano un arretramento di diritti sociali e civili. Pensiamo all’America di Trump, alla crescita in Europa della destra, all’affermazione di valori tradizionalisti e reazionari nei paesi europei dell’est, all’avanzata della destra a casa nostra. In un contesto di involuzione democratica, come quello che stiamo vivendo in passato le donne e i loro diritti sarebbero state le prime e indiscutibili vittime. Ora le cose non stanno andando esattamente in questa direzione e la realtà è meno lineare di quanto si potesse immaginare. Se da una parte è indiscutibile l’arretramento di diritti fondamentali del mondo femminile dall’aborto alle conquiste nel mondo del lavoro, al pari tempo noi vediamo l’emergere e l’affermazione di nuove figure femminili e non solo nello scenario della politica. In una fase di recessione democratica come quella che stiamo vivendo, convivono due processi paralleli: un passo indietro di conquiste democratiche che trascinano in basso anche i diritti delle donne e al pari tempo, un nuovo protagonismo delle donne nella politica e in altri importanti settori della società.

La vera questione non è la difficoltà del maschilismo del mondo politico, quanto piuttosto la straordinaria forza della rivoluzione femminile e femminista che è iniziata con la fine della seconda guerra mondiale.

Sono due i grandi processi storici che noi dobbiamo registrare negli ultimi ottant’anni: la fine del colonialismo in una parte grande del mondo e l’emergere prepotentemente del protagonismo delle donne.

Il recinto, nel quale l’uomo dal tempo antico ha inteso chiudere la donna per affermare la sua volontà proprietaria, si è rotto in più parti nel ‘900 e la donna è entrata finalmente come protagonista nella storia. Vi possono essere delle battute d’arresto, ma riportare indietro la ruota della storia non è cosa semplice, quando vi sono movimenti rivoluzionari come quello che ha investito la realtà delle donne.

Quello della donna è un cammino che può incontrare grandi ostacoli, vi possono essere, come sta accadendo in questi anni, nuovi problemi, ma quello della donna è un cammino inarrestabile.

La vergogna dei femminicidi, della violenza sulle donne a casa nostra come l’aggressione alla libertà delle donne del regime iraniano è la reazione di un mondo, di una cultura reazionaria e maschilista che non vuole rassegnarsi al tramonto.

Se poi andiamo a vedere cosa accade in alcuni paesi del centro nord Europa, allora appare evidente come l’avanzata delle donne non è solo nella sfera politica, ma ormai cresce e si afferma in luoghi che sino a pochi anni fa erano solo dei maschi, come i consigli di amministrazione di grandi aziende o ruoli apicali delle amministrazione pubblica. La spinta proprietaria degli uomini è in crisi non solo nella Politica, ma anche in altri centri esclusivi del potere maschile come l’economia, la finanza e i luoghi del sapere e delle università.

Noi siamo nel pieno di una rivoluzione epocale, ma facciamo fatica a vederla e soprattutto a coglierne tutti i significati e le implicazioni sociali e culturali. Ritardare questa consapevolezza è cosa grave, perché impedisce una riflessione fondamentale su quella crisi che ha investito tutti gli istituti fondamentali che hanno definito e organizzato la nostra civiltà: dalla famiglia alla religione, dalle relazioni affettive e sessuali alla stessa cultura del lavoro.

Nella sostanza, dietro l’emergere di donne come la Meloni e la Schlein avanzano questioni che certo investono la Politica, ma hanno una dimensione e una profondità ben maggiore.

Alziamo la testa e guardiamo la luna e forse potremo scoprire un mondo migliore, rinviare questo appuntamento con la storia, può divenire una distrazione colpevole.

Anche lei mi sembra uno di quei molisani che avvertono nell’animo il senso di appartenenza, verrebbe da citare Leopardi: “Alma terra natia, La vita che mi desti ecco ti rendo”.
Le battaglie per la tutela dell’ambiente e per una nuova proposta politica, la vedono primo attore nello scenario politico locale, ma intravede politici molisani moralmente ed eticamente adeguati ad amministrare questa Regione?

Io amo la terra di mia madre. Con lei ho conosciuto la dolcezza, la generosità, la semplicità e la povertà antica di questa nostra comunità. L’equilibrio e l’armonia interiore che mi danno l’aria e le colline della mia Casacalenda è qualcosa che non ho trovato in alcun luogo, ed ho girato molto.

Anche per questo sono così polemico con una pseudo classe dirigente che ha manipolato la mitezza della nostra gente, che si è occupata dei propri particolarissimi affari ignorando il bene comune. Noi dobbiamo detestare quel potere piemontese e poi del governo centrale che ha negato al Sud e al nostro Molise il diritto al futuro, ma la prima responsabilità è di quei “piccoli gattopardi” locali che nulla hanno fatto per difendere le speranze e i diritti del nostro popolo.

Il problema che da sempre abbiamo davanti e oggi diventa non più rinviabile è quello di una classe dirigente vera e di una proposta politica che rompa radicalmente con i costumi e con i progetti del passato. Questione non più rinviabile perché siamo ormai oltre il limite. La nostra è ormai una regione quasi virtuale, demograficamente morente, il rischio che da anni temo, è che interessi potenti possano scoprire questo vuoto e trasformare le nostre terre in una discarica. Sta accadendo così con le rinnovabili. Una necessità assoluta che però da noi si sta trasformando in un affare privato che rischia di riempire le nostre terre e le nostre colline con pali alti più di duecento metri e con pannelli solari nelle campagne. Compromettendo così bellezza e fertilità. Il nostro ambiente è ancora per gran parte incontaminato è questa una virtù rara che può essere un grande investimento per il futuro, ma rischia di essere compromesso dai nuovi barbari. “Emissioni zero” di CO2 deve essere la nostra stella polare, facendo attenzione che non diventi l’occasione di nuove speculazioni e nuovi disastri ambientali.

Lo sviluppo economico, la manifattura, l’agricoltura e l’organizzazione dei servizi  debbono essere in armonia con questa strategia.

Noi dobbiamo essere una regione all’avanguardia nel contrasto al cambiamento climatico. Come abbiamo più volte scritto su La Fonte, dobbiamo realizzare l’obiettivo di essere una regione ad “emissioni di CO2 zero”. In questa strategia si può pensare ad una produzione di energia eolica importante in mare aperto, purché sia utile in primo luogo ad un crescita economica e sociale della nostra regione e in armonia con la natura. Ben altra cosa dal progetto presentato dalla Maverick a largo di Termoli.

In questa strategia è utile un’azienda come Stellantis, anello decisivo della mobilità dolce, purché sia alimentata da energia rinnovabile e sia parte di un progetto sulla sostenibilità che sia ricco di ricerca, di  sviluppo tecnologico e di alta formazione. Noi abbiamo tanti giovani ricercatori, altamente qualificati, questi giovani possono essere una risorsa preziosa per il futuro della nostra comunità e non, come accade oggi, gli immigrati degli anni duemila.

In questo progetto ha un ruolo fondamentale la cura per la persona, l’attenzione per le persone più debole e fragili. E’ una vergogna l’assistenza socio–sanitaria che viene data ai nostri cittadini. Capovolgere questa situazione è possibile solo se si pone al centro del “sistema“ non la malattia, ma la salute dei nostri cittadini. Il che vuol dire medicina preventiva e assistenza nel territorio.  L’ospedale deve essere un’eccellenza, l’estrema ratio e non il ricovero, il pronto soccorso di tutte le disgrazie sociali. Questo significa in primo luogo una sanità liberata dagli interessi privati e una partecipazione consapevole dei cittadini nel governo del sistema socio–sanitario.

Penso ad una vera e propria rivoluzione dolce, a un cambiamento radicale del malcostume della politica e di quel minimalismo programmatico fatto ad uso e consumo delle clientele e di interessi privati.

Esistono energie intellettuali, morali e politiche per una discontinutà così profonda con il passato in Molise? Sicuramente si, ma sono frammentarie e prigioniere di un sistema socio–politico che non guarda al futuro, che non si cura delle diseguaglianze, che ha ridotto da sempre i nostri cittadini ad un popolo di migranti, a sudditi che debbono essere abbindolati da una montagna di promesse sistematicamente evase. Quel che più mi preoccupa non è la bancarotta finanziaria, ma la bancarotta morale, la disonestà intellettuale che inquina e sterilizza in profondità la coscienza popolare. Vi sono tante esperienze preziose e persone di buona volontà, ma sono ai margini dei centri della politica tradizionale e del potere. La sinistra, se vuole uscire dal cono d’ombra dovrebbe aprire un dialogo vero, non strumentale con il buono che c’è nella società, diversamente come è accaduto un popolo senza bussola trova ricovero nei luoghi comuni della cultura della destra. Qualcosa di interessante a livello nazionale si sta muovendo, penso alla nuova segreteria Elly Schlein del Pd, mi auguro che non sia una rondine senza primavera. E speriamo che anche nel nostro Molise arrivi l’onda di un nuovo inizio.

Delinei il profilo di un buon candidato/a alla presidenza della giunta regionale.

E’ difficile trovare un candidato che abbia tutte le virtù necessarie per affrontare l’emergenza e la decadenza della nostra regione. Noi abbiamo bisogno di una rottura profonda con il passato e insieme di competenze alte per affrontare le sfide complesse di questi nostri anni. Per questo più che ad un candidato taumaturgo, penso ad un collettivo che voglia assumersi l’onere e l’onore di portare la nostra comunità fuori dal guado. In questo collettivo il candidato Presidente deve esprimere in primo luogo la discontinuità con il sistema di potere e politico che ha compromesso la nostra regione, deve rappresentare la speranza del cambiamento radicale e mobilitare le energie profonde e anticonformiste della nostra società. Trovo molto difficile che una politica dominata dal particolare possa giungere a questa conclusione, sarebbe necessario un atto di consapevolezza del quale faccio fatica a cogliere i primi passi. Quando il popolo considera inutile votare, come sta accadendo da diversi anni, vuol dire che siamo oltre il limite e che la democrazia ha perso di senso. Questa campana è suonata più e più volte, ascoltarla sarebbe un atto di saggezza, mi auguro che dalla società civile, da persone per bene del mondo della Politica venga qualcosa di buono e utile.

Il movimento civico Molise Domani, esprimerà una proposta per la candidatura alla presidenza?

Come ho ripetuto più e più volte, il civismo per noi non è un espediente, una furbizia elettorale per occupare qualche seggio, almeno questa è la mia convinzione e del gruppo de La Fonte, rivista preziosa diretta da sempre da Don Antonio. Vorrei evitarmi ad un età non più verde, quel che considero un deprecabile vizio “parlar bene e razzolare male”. Molise domani è stato il luogo di coordinamento di esperienze e associazioni con un obiettivo chiaro: essere il principio attivo di un processo che ha la discontinuità con il passato come suo pesce pilota. Se si dovesse determinare questa condizione politica, possiamo dare un contributo serio per ragionare sulla candidatura alla presidenza. Se diversamente dovesse prevalere la logica antica del gattopardo, se non vi fossero le energie sufficienti per un vero cambiamento, non ci perderemo d’animo ed ognuno di noi nel proprio territorio – penso all’opera preziosa de La Fonte in questi ultimi venti anni – continuerà la lunga marcia, perché si possa arrivare a mutare profondamente  “lo stato di cose presente“.

Architetto, i suoi post su Facebook sono una sorta di lectio magistralis, quasi quotidianamente invita i suoi lettori alla scoperta del patrimonio artistico e architettonico del Molise, a volte questi stupendi tesori sono realmente accanto alla porta di casa, ma non li scorgiamo nemmeno, forse troppo presi dai problemi individuali e collettivi o da una scarsa educazione alla bellezza. Parafrasando Torodov, la bellezza salverà il Molise?

Ormai da molti anni ho stabilito di concentrare i miei interessi solo ed esclusivamente nel recinto del Molise nella convinzione che esso sia il centro del Bacino Mediterraneo. Ho scoperto migliaia di preziose testimonianze artistiche, architettoniche ed epigrafiche che dimostrano che questa regione, in qualsiasi momento della sua storia millenaria, è sempre stata contaminata da una cultura che oggi definiremmo internazionale.

Ciò mi ha permesso di scoprire e far conoscere un patrimonio culturale di valore immenso soprattutto perché costituisce la base per la definizione di una identità della nostra terra. Mi riferisco alla eccezionalità del teatro pitagorico di Pietrabbondante, alla cripta apocalittica dell’abate Epifanio a S. Vincenzo al Volturno, alle chiese longobarde di Petrella Tifernina e di S. Maria della Strada a Matrice, ai cavalli rinascimentali del castello di Venafro, all’Annunciazione di Montorio nei Frentani, agli affreschi di Gambatesa. Tutte opere che, da me scoperte, oggi sono il vanto della regione.

Da un pò di anni ha lasciato la politica attiva, ma ora sembra che la sua iniziativa culturale accanto al giornalista Iannacone, assuma sempre più toni politici. Qualcuno nel ri-costituendo centro sinistra, ha smesso di seguire Iannacone (domanda ironica)?

La personalità di Domenico Iannacone è travolgente e carismatica. Ho avviato una serie di esperienze con lui che lo hanno rivelato giornalista straordinario interprete della storia contemporanea. Con lui le piazze del Molise, sempre gremite da un pubblico attento, sono diventate occasione per rendere attuali vicende storiche ed espressioni artistiche appartenenti a un passato spesso remoto.

Iannacone, con la sua sistematica azione di denuncia delle disfunzioni della moderna società, è diventato il simbolo nazionale di quel giornalismo che sta sempre dalla parte di quegli ultimi che egli eleva alla potenza dei superuomini.


Citi un politico molisano che reggerebbe un confronto/dibattito con lei sul patrimonio artistico del Molise?

In genere i politici non sentono la necessità di confrontarsi sulle problematiche culturali. Sicuramente sono poco interessati al patrimonio artistico e culturale, ma anche le valutazioni storiche non interessano particolarmente.

Se le dovessero chiedere di contribuire alla stesura del programma politico regionale, per gli aspetti culturali, darebbe il suo assenso?

Mi piacerebbe mettere a disposizione quel patrimonio di esperienze che, nel bene e nel male, ho maturato in oltre mezzo secolo di studi.

Purtroppo le due massime istituzioni culturali della pubblica amministrazione (la Soprintendenza e l’Assessorato Regionale alla Cultura e Turismo) sono refrattari a qualsiasi iniziativa che comporti una visione moderna della gestione dei Beni Culturali.

Nel Molise chiunque cerchi di dare un contributo alla valorizzazione dei beni pubblici e privati antichi viene considerato uno scomodo interlocutore.

Da molti anni propongo inutilmente alla Regione Molise di avviare un programma di lavoro che abbia come obiettivo l’utilizzazione del patrimonio umano costituito dalle centinaia di laureati in Scienze del Turismo e in Beni Culturali dell’Università molisana, ma le mie istanze sono rimaste sempre inascoltate.

Potremmo avere un ritorno economico sicuramente significativo.

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