Rom o non rom? Questo è il dilemma.

di Santino Alexian SPINELLI

E’ il dilemma che molti giovani rom e sinti oggi si pongono di fronte a una realtà in veloce evoluzione, che frantuma i valori tradizionali delle famiglie romanès.

La sensibile riduzione dell’itineranza e la crescente inclusione hanno creato l’esigenza di uscire dal secolare isolamento-emarginazione e di aprirsi al mondo esterno con tutte le inevitabili conseguenze ad esso connesse. D’altra parte esiste, anche se in modo sempre più superficiale, l’intima necessità di confrontarsi con il proprio gruppo etnico. I mass media suggeriscono ai rom e sinti che è sconveniente essere “zingaro” oggi e di conseguenza hanno plagiato una generazione, a cui hanno inculcato modelli di vita funzionali alla società maggioritaria, consumistica e utilitaristica. Il miraggio di una vita opulenta allontana irrimediabilmente i giovani dalle proprie famiglie, le quali appaiono sempre più disgregate e anche i contatti con le varie famiglie sono sempre più limitati; ognuno cerca di prevalere sull’altro. La comunità romanès si è così impoverita della sua secolare forza: l’unione.
L’apparente apertura della società maggioritaria verso i “diversi” ha corrotto i giovani rom e sinti, che sempre più si allontanano dalle strade tradizionali di vita. Non preparati, i rom e sinti cadono nella trappola e si allineano a quella politica del rifiuto, quella dell’assimilazione, che li spersonalizza. Una volta la vita delle comunità romanès, imperniata su espedienti, era finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari della famiglia, all’interno della quale si condivideva tutto.
Oggi, al contrario, la vita dei rom e sinti è finalizzata all’arricchimento sempre più egoistico e narcisistico. Oggi è l’”avere” che prevale sull’”essere”. Da qui la rottura del sottile legame fra i tre pilastri della famiglia romanì: coesione, educazione, tradizione. L’educazione ai valori tradizionali poneva i rom e sinti in condizioni di massima sicurezza di fronte all’incognita del futuro. La coesione familiare infondeva equilibrio nel confronto con il mondo esterno. L’itineranza rafforzava questi tre fattori, limitando i contatti con il mondo esterno repressivo da cui si traeva solo il necessario per sopravvivere.
Come conciliare l’esigenza di essere rom e sinto con quella di vivere pienamente inseriti nel contesto sociale maggioritario? Qual è la strada da percorrere? Occorre innanzi tutto riscoprire in chiave moderna la propria identità romanì (romanipen) allontanare lo spettro dell’analfabetismo, riscoprire la propria storia, approfondire la conoscenza della propria lingua, riorganizzare e sviluppare i momenti di incontro tra gli stessi rom e sinti, sia all’interno delle famiglie che delle comunità. Occorre inoltre sensibilizzare l’opinione pubblica circa i valori etico-morali, la cultura, la lingua e l’arte dei rom e sinti.
Questi sono alcuni dei suggerimenti per arginare la crisi di identità, che oggi inesorabilmente i giovani rom e sinti vivono. L’opinione pubblica, opportunamente informata, dovrebbe contribuire a venire incontro alle esigenze delle comunità romanès per un rapporto diverso, rispettoso e costruttivo con mutuo vantaggio. Le autorità dovrebbero porsi a sostegno delle associazioni romanès per evitare fin da ora che un grande patrimonio culturale di assoluto valore antropologico, culturale e linguistico possa disperdersi. Occorre allontanare il pericolo incombente, altrimenti nel giro di pochi decenni si potrebbe parlare di una cultura morta, al pari di quella degli Indios, degli Incas, degli Atzechi. Una società veramente civile (e democratica) non può restare a guardare ed ha il dovere sul piano etico-morale di contribuire a sciogliere il dilemma, che assilla i giovani rom e sinti.

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