UNA  NUOVA  LEGGE  INTERNAZIONALE  CHE  GARANTISCA  I  DIRITTI  A  TUTTE  LE  PERSONE

di Michele BLANCO

Abbiamo la necessità di una «Costituzione della Terra» che riguardi tutti i cittadini e le nazioni del mondo.

Bisogna prendere atto che con la globalizzazione, i poteri che contano, sia essi politici che economici, i vari G7 i G4, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, le grandi imprese multinazionali si sono ormai dislocati fuori dai confini nazionali, sottraendosi ai limiti e ai controlli imposti sia dal diritto internazionale che dai poteri politici dei singoli Stati nazionali. Questi poteri globali sono diventati i veri responsabili delle grandi catastrofi che minacciano il nostro futuro e la sopravvivenza stessa dell’umanità. Il riscaldamento climatico, le continue guerre, sempre più numerose e pericolose, con il rischio dell’olocausto nucleare, la crescita impetuosa e irrefrenabile delle disuguaglianze, addirittura la morte, ogni anno, di milioni di persone per fame, per sete e per malattie curabilissime ma non curate, solo perché i malati sono poveri.

Una rinascita delle Nazioni Unite sulla nuova base democratica e partecipativa di una Costituzione della Terra che possa essere all’altezza di questi poteri globali è in grado di imporre loro limiti e vincoli, a garanzia dei diritti umani fondamentali di tutti e della salvaguardia della natura.

Oggi lo sviluppo industriale come lo abbiamo conosciuto, diventa ecologicamente insostenibile e sta progressivamente distruggendo il mondo in cui viviamo insieme alle condizioni stesse della nostra sopravvivenza.

Una interessante proposta per provare a migliorare, in modo determinante e fattivo, la situazione mondiale attuale viene da Luigi Ferrajoli che suggerisce l’approvazione di una “Costituzione della Terra”, che come le Costituzioni nazionali sia da riferimento legislativo e, soprattutto, da freno per chi vuole ancora inquinare e quindi distruggere il pianeta. Perché «mentre ormai tutti i problemi si pongono a livello globale e il pericolo della fine non incombe più, come accaduto in passato, su singoli popoli ma sull’umanità tutta intera, non c’è un soggetto che assuma la responsabilità di tutto ciò e ne tenti la regola». E perché, come argomenta più distesamente Luigi Ferrajoli che, con Raniero la Valle, è tra i promotori dell’iniziativa[1], una delle fondamentali “lezioni” che la pandemia ci ha impartito è che alle, purtroppo, molteplici emergenze e catastrofi del nostro tempo (riscaldamento climatico, guerre, crescita delle diseguaglianze, masse, sempre più grandi, di migranti in fuga) si potrà rispondere solo andando oltre i confini degli Stati nazionali e «imponendo rigidi limiti e vincoli costituzionali ai poteri attualmente selvaggi della politica e dell’economia»[2]. Ferrajoli ritiene che approvare una costituzione mondiale è l’unica via percorribile per assicurare la sopravvivenza dell’umanità e non farla «soccombere»[3] già in un futuro che purtroppo non sembra lontano. La pandemia esplosa a livello mondiale nel 2020 non viene infatti considerata come un evento isolato che, una volta terminato, permetterà di tornare senza cambiare nulla e troppe preoccupazioni alla vita precedente, ma al contrario bisogna mettere in connessione la crisi epidemica con altri fenomeni ugualmente gravi  e macroscopici che sono ben lungi dall’esaurirsi, i quali, combinandosi, rischiano di condurre la nostra specie verso un futuro di «devastazioni […] guerre e […] violenze in grado di travolgere gli interessi di tutti»[4].

Ribadendo con forza che la progressiva degradazione dell’ambiente, il cambiamento climatico, le crisi alimentari che continuano a provocare milioni di morti all’anno, la mai tramontata minaccia nucleare: sono questi (ma non solo questi) i fattori che insieme continuano ad alimentare, anche al di là del Covid-19, il rischio di una “involuzione”, della “barbarie” e della “catastrofe”. Involuzione, barbarie e catastrofi che non possono rappresentare un destino ineluttabile dell’uomo, ma piuttosto il frutto di precise scelte, economiche e politiche che, in quanto tali, possono sempre essere corrette razionalmente in modo da riuscire a scongiurare quantomeno le conseguenze più nefaste. Ferrajoli considera possibile realizzare una «democrazia cosmopolitica»[5]. Egli auspica la possibilità della progressiva costruzione di “ordini giuridici globali” come migliore (sempre perfezionabile) veicolo di affermazione del «rule of law» e della democrazia stessa nel mondo contemporaneo[6]. In modo molto concreto ed esplicito ci dice che abbiamo la necessità di uno sviluppo governativo multi-livello, oltre che multi-dimensionale della democrazia costituzionale in grado di limitare i poteri globali che oggi non riconoscono regole.

Bisogna costruire «un costituzionalismo sovranazionale in grado di colmare il vuoto di diritto pubblico prodotto dall’asimmetria tra il carattere globale degli odierni poteri extra-statali e il carattere ancora prevalentemente locale del costituzionalismo, della politica, del diritto e delle connesse funzioni di governo e di garanzia»[7]. Ferrajoli pensa che l’effettivo godimento dei diritti fondamentali, come i diritti all’ambiente pulito, riconosciuti a tutti gli uomini (considerando, in particolare i diritti sociali) porterà a una comunanza di vedute. Purtroppo per quanto riguarda la possibilità effettiva di conseguire tale obiettivo ci sembra difficile da raggiungere soprattutto su scala planetaria.

Ma la base di partenza era stata già individuata da Norberto Bobbio che aveva teorizzato la presenza di un «consensus omnium gentium» relativo proprio all’esistenza di un novero comunemente accettato di “diritti dell’uomo”[8].

Comunque la si pensi, la possibilità reale di fondare un ordine globale che assicuri pace, libertà e giustizia affascina da secoli (a partire dallo scritto kantiano sulla “pace perpetua”) il pensiero politico, lo stesso diritto internazionale deve fondarsi sopra una federazione di liberi Stati. Tutti gli esseri umani, come sostenne Kant, vivendo in modo razionale ripudiano la guerra è cercano in bene comune nel rispetto delle leggi. La proposta di Ferrajoli merita molta attenzione la nuova Costituzione è diversa da tutte le altre carte costituzionali, essa deve avere nuove caratteristiche innovative perché deve rispondere a problemi globali sconosciuti in altre epoche, e tutelare nuovi diritti e nuovi beni vitali contro nuove aggressioni, in passato impensabili. 

Essa «Non è un’utopia. È l’unica strada per salvare il pianeta, per affrontare la crescita delle disuguaglianze e la morte di milioni di persone nel mondo per fame e mancanza di farmaci, per occuparsi del dramma delle migrazioni forzate, per difendersi dai poteri selvaggi che minacciano la sicurezza di intere popolazioni con i loro armamenti nucleari»[9]. Mettendo in assoluta evidenza che abbiamo problemi a livello globale che dalla loro soluzione dipende la sopravvivenza dell’umanità.

Il riscaldamento climatico, il pericolo di conflitti nucleari, le disuguaglianze, centinaia di migliaia di migranti in fuga segnano il nostro orizzonte presente e futuro.

Questi gravi problemi dipendono dall’assenza di limiti ai poteri selvaggi dei mercati globali. Solo leggi dalla forza costituzionale da tutti riconosciute si potrà introdurre un demanio planetario a tutela di tutti i beni vitali della natura, necessari alla nostra umana sopravvivenza. Solo una forte legge può riuscire a bandire le armi a cominciare da quelle nucleari e introduca un fisco e idonee istituzioni globali di garanzia in difesa dei diritti di libertà e in attuazione dei diritti sociali di tutti, può realizzare l’universalismo effettivo dei diritti umani, assicurare la pace e in definitiva la vivibilità del pianeta e la sopravvivenza dell’umanità.

Il progetto di una Costituzione della Terra dovrebbe essere depositato presso la sede dell’ONU, sottoposto alla discussione e approvazione dell’Assemblea generale e aperto all’adesione e alla ratifica di tutti gli Stati del mondo. Questa iniziativa deve tenere conto, nel solco della migliore tradizione costituzionalistica democratica, delle norme contenute in costituzioni e carte internazionali vigenti e deve mettere a frutto tutte le tecniche di garanzia che sono state escogitate, negli anni, per rendere effettivi i diritti delle persone.

Il testo, proposto è composto da 100 articoli ed ha a tutti gli effetti la struttura di una carta costituzionale. Ma con parti originali, interessanti e alcune innovazioni, dove si sottolinea la necessità di sottrarre al mercato beni personalissimi come le parti del corpo umano, beni comuni come le risorse naturali e ambientali, da proteggere attraverso l’istituzione di un demanio planetario, e beni sociali, disponibili gratuitamente per tutti, come i farmaci salva-vita, i vaccini, l’alimentazione di base.  Viene proposto di superare la logica individualistica dei diritti, stipulando l’indisponibilità e l’inalienabilità dei beni vitali in assenza dei quali gli stessi diritti sono destinati a rimanere solo sulla carta.

Che senso ha, ad esempio, proclamare il diritto alla salute senza riconoscere l’accesso gratuito ai farmaci o all’acqua potabile? O affermare il diritto a un’esistenza dignitosa dimenticandosi di “garantire la vita presente e futura sul nostro pianeta in tutte le sue forme”? Questa ci sembra la prima finalità della Costituzione della Terra, insieme al mantenimento della pace, alla promozione di rapporti amichevoli tra i popoli e alla realizzazione dell’uguaglianza.

In modo analogo, la previsione di un catalogo di beni da considerare illeciti, di cui va vietata la produzione, il commercio e la detenzione, come le armi nucleari, le armi di offesa e di morte, le droghe pesanti, le scorie radioattive e tutti i rifiuti tossici o pericolosi. La Costituzione della Terra deve assicurare l’effettività del diritto assolutamente inalienabile alla pace e alla sopravvivenza di tutti gli abitanti del pianeta, e del pianeta stesso. Di qui la previsione dello scioglimento degli eserciti nazionali e l’affidamento del monopolio della produzione e detenzione delle armi, «limitatamente a quelle necessarie all’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza», alle forze di polizia, locali, statali e globali (proposta nell’art. 77). Ma anche la statuizione di limiti alla produzione di energie non rinnovabili (art. 54) e il divieto di attività che rechino danni irreversibili alla natura (art. 56).

Un secondo aspetto degno di essere sottolineato riguarda la titolarità dei diritti. Altre Dichiarazioni, purtroppo anche recenti, come la Carta di Nizza [10], non hanno saputo, molto probabilmente non c’era la volontà politica, affrontare il nodo dell’accesso ai diritti che, anche quando proclamati come universali, per essere effettivamente goduti richiedono il possesso della cittadinanza o di titoli legali di ingresso e soggiorno nel territorio europeo. La formula che si legge nel Preambolo della Carta di Nizza, «pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione» – suona oggi sommamente ipocrita di fronte al disprezzo che le istituzioni dell’UE, e gli Stati che ne sono parte, mostrano per la vita di donne e uomini privi di una “privilegiata” cittadinanza occidentale.

Il progetto di Costituzione di cui stiamo discutendo, invece, all’art. 5 riconosce a tutti gli esseri umani la «cittadinanza della Terra». E, per il resto, evita di servirsi della parola “cittadino”, attribuendo i diritti – tutti i diritti, senza eccezione alcuna – alle persone.

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1  https://volerelaluna.it/politica/2020/01/03/una-scuola-per-una-costituzione-della-terra/

2 «L. Ferrajoli, Perché una Costituzione della Terra?, Torino, Giappichelli, 2021, p. 31

3  Ivi, p.9

4  Ivi, p 61

5  Ivi, p. 31

6  L. Ferrajoli, I crimini di sistema e il futuro dell’ordine internazionale, in “Teoria politica. Nuova Serie. Annali IX”, 2019, 9, pp. 401-411

7  L. Ferrajoli, La costruzione della democrazia. Teoria del garantismo costituzionale, Roma-Bari, Laterza, 2021, p. 394

8  N. Bobbio, Presente e avvenire dei diritti dell’uomo, ora in L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1997, pp. 18-19.

9  L. Ferrajoli, Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio, Milano Feltrinelli, 2021, p. IV di copertina.

10  Grandi furono i limiti nel volere imporre dall’alto la Costituzione europea, tutto il contrario di quanto auspicato dal grande filosofo sostenitore della democrazia partecipativa e deliberativa, Jürgen Habermas che individuava nella Costituzione e nel suo percorso di elaborazione la strada che avrebbe condotto alla genesi di un patriottismo costituzionale imperniato sui valori, attorno al quale si sarebbero creati i fondamenti di una comune identità civica e politica, in J. Habermas, Perché l’Europa ha bisogno di una Costituzione?, in Diritti e Costituzione nell’Unione europea, a cura di G. Zagrebelsky, Bologna,  Il Mulino, 2003, pp. 94-118.  In base a questa impostazione, l’assenza di un demos europeo come dato di partenza non rappresentava un ostacolo insormontabile: facendo un’Europa costituzionale, indispensabile coronamento di un’integrazione sempre più pervasiva ma priva ancora di un adeguato canale di comunicazione tra le istituzioni e i cittadini, si sarebbero fatti anche gli europei. Nella realtà si può parlare di una vera e propria bocciatura: «Il 13 dicembre 2007 i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’Unione europea firmeranno a Lisbona il nuovo Trattato che chiude la lunga parentesi di due anni del “periodo di riflessione” deciso dal Consiglio europeo nel 2005, dopo il fallimento della Costituzione europea decretato dalla sua bocciatura nei referendum francese e olandese e dalla decisione della Gran Bretagna di bloccare il processo di ratifica, rinviandolo sine die», in G. Tiberi, L’effettivià dei diritti fondamentali nell’Unione Europea: verso una “politica dei diritti fondamentali decisa a Bruxelles?, in “ASTRID RASSEGNA”, n. 62 (anno 3, n. 21) del 21 dicembre 2007, pp. 1-2. Si veda le considerazioni sulla mancanza di un sistema di partiti europei in V.E. Parsi, La costituzione come mappa: sovranità e cittadinanza tra risorse nomadi e diritti stanziali, in L. Ornaghi (a cura di), La nuova età delle costituzioni. Da una concezione nazionale della democrazia a una prospettiva europea e internazionale, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 180 che convincentemente rileva come «l’inesistenza di un sistema di partiti realmente continentale e l’esiguità di gruppi e movimenti civili europei rendono difficile che si sviluppi quella rete di intermediari, tra istituzioni pubbliche e società civile, di cui costituzioni e democrazia hanno bisogno per funzionare». Naturalmente molti sono gli aspetti positivi del Trattato di Lisbona va registrato: «Tra le novità della riforma di Lisbona, merita particolare attenzione il principio della democrazia partecipativa. Esso si affianca a quello, tradizionale, della democrazia rappresentativa nell’ottica di una migliore partecipazione dei cittadini europei alla vita democratica dell’Unione europea» in G. Morgese, Principio e strumenti della democrazia partecipativa nell’Unione Europea, in E. Triggiani (a cura di), Le nuove frontiere della cittadinanza europea, Bari, Cacucci, p. 37.

Autore

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza”, 2021. “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza”  2021.

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