L’anno che si sta concludendo non ha certamente rappresentato la svolta tanto attesa in termini di lotta all’inquinamento e di tutela dell’ambiente.
I fatti di cronaca di questi ultimi mesi misurano anche nel nostro paese gli effetti della crisi climatica e ambientale; incendi, innalzamento delle temperature medie, alluvioni, siccità hanno sempre la stessa matrice: lo sconvolgimento del clima e la distruzione degli ecosistemi naturali.
Tuttavia vanno colti gli interessanti segnali nella direzione di un possibile cambiamento di rotta, a partire dalla Dichiarazione di Kunming (nella provincia cinese dello Yunnan) adottata ad Ottobre dalla Cop15 sulla diversità biologica. Il documento sottolinea l’impegno delle nazioni nella formulazione, adozione e attuazione di un quadro globale per la conservazione, allo scopo di invertire la perdita di biodiversità e garantire che, entro il 2030, si intraprenda la strada per rimediare all’attuale situazione.
La Dichiarazione di Kunming elenca 17 impegni per i Paesi membri, sollecitando sia la collaborazione internazionale su una serie di questioni sia maggiori sforzi a livello nazionale.
Questi impegni si orientano alla “Tutela della biodiversità” (– Sviluppare e implementare un quadro globale della biodiversità per invertire il corso del degrado della biodiversità e metterla su un “percorso di recupero” entro il 2030 – Sviluppare e implementare un “Piano d’azione per lo sviluppo delle capacità del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza [l’accordo internazionale firmato nel 2003 che mira a proteggere la biodiversità dai rischi posti dalle biotecnologie, come gli OGM] – Adottare l’approccio ecosistemico per aumentare la resilienza e aiutare gli esseri umani ad adattarsi agli effetti negativi della perdita di biodiversità e dei cambiamenti climatici – Ridurre gli effetti negativi dell’attività umana sulla biodiversità marina e costiera), alla “Politica e regolamentazione” (– Integrare la conservazione e la biodiversità nel processo decisionale dei Governi per questioni quali la riduzione della povertà, le politiche economiche, i regolamenti e altre politiche governative – Aumentare l’efficacia e la copertura della conservazione e della gestione territoriale per proteggere le specie e la diversità genetica – Migliorare le leggi ambientali internazionali e nazionali e rafforzare l’applicazione delle leggi – Rafforzare le misure per lo sviluppo e la regolamentazione della biotecnologia per garantire un’equa distribuzione dei suoi benefici, riducendo al minimo il loro impatto ambientale), alla “Finanza” ( – Riformare, eliminare anche gradualmente gli incentivi finanziari dannosi per la biodiversità – Fornire strumenti finanziari ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a rispettare gli impegni della Convenzione) ed, infine, al “Coinvolgimento delle comunità” (– Consentire la partecipazione delle comunità indigene e locali, nonché di tutte le parti interessate, allo sviluppo e all’attuazione di un quadro per la biodiversità – Sviluppare strumenti educativi per migliorare la comunicazione e la consapevolezza pubblica).
A Kunming, insomma, “si prende atto degli sforzi e degli impegni di molti paesi a proteggere il 30% delle aree terrestri e marine attraverso sistemi ben collegati di aree protette e altre misure efficaci di conservazione, entro il 2030”. Si tratta di un nuovo capitolo per il Pianeta perché si afferma e si persegue la necessità di garantire la tutela di un 30% delle terre emerse e dei mari entro il 2030, una formula meglio conosciuta come “30×30”.
Va, peraltro, registrata la perplessità delle organizzazioni non governative che hanno partecipato ai negoziati, quali WWF e Greenpeace, le quali mettono in dubbio che la Dichiarazione possa dar vita ad azioni reali ed efficaci poiché la sua forma attuale non impone ai Paesi membri della Convenzione alcun obbligo tangibile sulla biodiversità e che, pertanto, bisognerà attendere il Piano d’azione e le relative deliberazioni che saranno assunte nella seconda parte della COP15, che avrà luogo a Kunming nel maggio 2022.