Con il decreto che delega al governo la riforma fiscale ci siamo avviati verso la creazione di uno Stato “iniquo” che favorisce i redditi alti, gli evasori e l’elusione fiscale a danno dei lavoratori dipendenti e dei contribuenti onesti. Sebbene il nostro sistema fiscale dovrebbe essere “informato ai criteri di progressività” in realtà la continua e costante riduzione del numero di aliquote ha reso la statuizione costituzionale una semplice enunciazione di principio.
Dalle 32 aliquote Irpef del 1974 siamo passati alle attuali 4 aliquote che ora il governo ridurrà a 3, in attesa di introdurre la “flat tax” (l’aliquota unica per tutti) che viene considerata come un obiettivo di mandato dall’attuale governo. In realtà la flat tax è un regalo ai ricchi che rischia di falcidiare il già mal messo sistema di welfare italiano. Pur non potendo quantificare fin da ora il minor gettito derivato dalla flat tax, esso sarà dell’ordine di decine di miliardi di tasse non pagate dai ricchi, pertanto, tale ammanco potrà essere ripianato o tassando i redditi più bassi, i lavoratori dipendenti ed i pensionati oppure tagliando ancor di più la fragile spesa pubblica: la sanità, l’istruzione, la giustizia, la sicurezza e le pensioni.
Il tutto in attesa dell’autonomia differenziata che sottendendo, senza reali meccanismi solidaristici compensativi, alla spesa in loco del gettito di ogni regione realizzerà insieme alla flat tax un Stato ridotto al minimo, di tipo ottocentesco e fondamentalmente iniquo, dove prevarranno la diseguaglianza fra i cittadini e maggiori sofferenze per le aree svantaggiate del Paese.
Insomma l’illusione della flat tax è decisamente pericolosa ed infatti, nei paesi del mondo in cui è stata applicata, con questo modello di tassazione si è smantellato lo Stato sociale oppure non lo si è riusciti a costruirlo, com’è il caso di alcuni paesi dell’ex blocco sovietico.